Agostino Picicco ha scritto la prefazione ad un volume su Aldo Moro – “Il cittadino democratico secondo Aldo Moro” (Ed Insieme) – presentato da Antonio De Vita in occasione del centenario della nascita dello statista pugliese. Nel testo, qui proposto, si ripercorre sinteticamente il rapporto di Moro col mondo universitario e si illustrano i capisaldi del suo pensiero circa la partecipazione democratica al funzionamento delle istituzioni. Valga come ricordo dell’uomo politico barbaramente ucciso dalla Brigate Rosse nel 1978.
In occasione del centenario della nascita di Aldo Moro (23 settembre 1916), l’avv. Antonio De Vita ricorda il compianto maestro, l’insigne statista, l’illustre corregionale, con una riproposizione di molti suoi brani originali, tra i quali alcuni ascoltati dalla sua viva voce presso l’Università di Bari.
(…) Occorre far presente che il rapporto tra Moro e il mondo universitario è strettissimo. Proviamo a riassumere la sua esperienza accademica, lunga e prestigiosa, in poche righe che sicuramente non potranno sintetizzarne la ricchezza.
Conseguita la laurea nel 1938 a 22 anni, con una tesi in Diritto e procedura penale, premiata con lode e proposta di stampa, divenne subito assistente volontario presso la cattedra di Diritto e procedura penale e nel 1940 incaricato di Filosofia del diritto e di Storia e politica coloniale. Nel 1942 superò il concorso nazionale di abilitazione alla libera docenza e, nel 1947, il concorso per la docenza in Diritto penale che gli consentì di essere nominato, prima professore straordinario, a partire dal 1948, e poi ordinario nel 1951. Fu incardinato presso l’Università degli Studi di Bari fino al 1963 presso la Facoltà di Giurisprudenza. Poi, per conciliare l’attività politica a Roma, ottenne il trasferimento presso “La Sapienza” come titolare della cattedra di Istituzioni di diritto e procedura penale nella Facoltà di Scienze politiche, ruolo che mantenne fino alla morte nel 1978.
Nei testi di prima mano di De Vita, che ripropongono la viva voce di Moro alle prime esperienze di insegnamento, si coglie la sua formazione interdisciplinare: filosofia del diritto, diritto penale, procedura penale, e in filigrana la ricca e decisiva formazione ecclesiale con i suoi fondamenti nella dottrina sociale della Chiesa. Si nota l’impronta di tanti maestri che ne hanno ampliato gli orizzonti culturali. Soprattutto si coglie la coerenza tra pensiero e azione politica scolpita nell’assioma fondamentale che considera l’uomo al centro del sistema, la persona prima dello Stato.
Mi permetto di suggerire al lettore di tener presente il contesto in cui le frasi e i testi scelti da De Vita si collocano: quello dell’insegnamento universitario in cui Moro esprime una vicinanza inedita verso gli studenti universitari (come si evince anche dalla risposta alle lettera ad uno studente qui pubblicata). Dai giovani si faceva benvolere perché non aveva atteggiamenti altezzosi, ma viveva il rapporto con gli allievi in uno spirito di dialogo e di ascolto, tramite una dottrina frutto di sintesi e mediazione, nell’esame e nella conoscenza della realtà complessa del mondo.
Un’icona, pur tragica, di questa sua attenzione e missione di docente la si coglie vedendo nell’auto crivellata di colpi, il giorno del rapimento, le tesi di laurea insanguinate, che stava leggendo in vista della prossima discussione di laurea.
La sintesi estrema di questi temi con cui ci confrontiamo, e di cui cogliamo tangibilmente l’attualità, è che l’ordine democratico è da un lato l’esigenza di ogni comunità di essere dotata di un ordine essenziale, ovvero di una organizzazione, per sopravvivere e operare, e dall’altra l’opportunità per la comunità di tenere conto degli interessi degli uomini che la compongono, per evitare il conflitto e quindi la dissoluzione della stessa comunità. Un concetto di democraticità alla base della Costituzione in chiave “arditamente” sociale.
La conoscenza della dottrina democratica, peraltro, consente di comprendere il senso degli interventi di Moro in sede costituente, individuando quello che è stato il risultato finale alla luce del contributo degli altri padri costituenti.
Una costante del pensiero di Moro, qui riassunto, è quello della responsabilità, alla base della salvezza del Paese: la stagione dei diritti e delle libertà ha bisogno di un nuovo senso del dovere che coinvolga tutti e veda tutti protagonisti.
Un altro caposaldo del suo pensiero è quello di inserire nel circuito del potere quelli che ne sono esclusi. Cioè l’individuo non più “singulus” ma “socius”, cioè componente a pieno titolo della comunità civile.
Moro mette in pratica questa dottrina democratica sia come cittadino nella vita privata sia come uomo pubblico. Per questo la sua attualità si ricava anche dallo stile di vita, ancora oggi modello per i nostri attuali politici, talvolta ripiegati su loro stessi e non sempre attenti alle esigenze della società.
Attualità di pensiero, nella travagliata vita del Paese. Attualità di vita, in un contesto molto autoreferenziale legato al potere fine a se stesso.
Un omaggio di De Vita al maestro, un monito per noi tutti a riconoscere nella politica la più alta forma di carità come diceva Paolo VI, alla luce della vicenda umana di chi con la vita ha pagato la fedeltà allo Stato e ai propri ideali.