I personaggi, le storie che diventano macchiette, tutto questo vissuto attraverso l’abile racconto di narratori provetti che alternavano un impeccabile italiano a frasi ed espressioni in lingua locale per rafforzare o sminuzzare un “fatto”; così ho trascorso alcune delle serate nelle caldissime fine giornate estive nel Salento che mi è più caro.
Una sera ero nella piazza di un piccolo centro agricolo tra Manduria e il mar Jonio, turisti per lo più emigrati di ritorno che alternavano il dialetto più arcaico con traduzioni in tedesco quando parlavano con mogli o mariti d’importazione. Le facce degli avventori al bar di Oreste erano scure e scavate da solchi per il troppo sole preso non da villeggianti ma nei campi o su traballanti impalcature per lavori di ristrutturazione di prime o seconde case. Ero li che mi gustavo una gazzosa con aggiunta di granita di limone, un dissetante eccezionale, ai tavoli gli usuali avventori che non avevano premura di liberare le sedie, apparivano a chi non era del posto come soldati di un esercito d’occupazione. Saluti, a volte con un solo cenno della mano o del capo accompagnato da “cumpà c’è bivi” (compare che bevi).
Seduti passavano poi ore in silenzio, a volte parevano messi a posta li dalla locale pro loco.
Io amo queste situazioni surreali e mi piace osservare gli osservatori.
All’improvviso spuntando fuori dal nulla arriva quello che riesce sin dalla sua apparizione a dare animazione alle sagome degli avventori che sembrano essere li da sempre come arredo e corredo della piazza. Alla domanda di rito c’è si dice? la risposta non si fa attendere e ce si deve dire, niente cumpà, segue un eterno secondo e poi il nuovo arrivato attacca senza un apparente inizio, sapete chi ho visto oggi? no chi hai visto? Il caduto!!! , subito di rimando uno degli avventori gli chiede e ci ete? Mo mo, vi racconto stù fatto, e l’altro dicci no, c’è sta aspetta. Avete visto il nuovo monumento che hanno fatto davanti alla fontana vicino alla strada che va verso il mercato? Be, come sapete, un gruppo di galantuomini si erano preoccupati di raccogliere i fondi per far edificare a ricordo dei caduti di tutte le guerra un monumento a perenne ricordo, IL MONUMENTO AI CADUTI. Come no!! risponde uno dei presenti. Bene, voi lo conoscete don Cesare, quello che tiene la masseria verso il mare? Quello che stà forte a soldi? Si iddu . Don Cesare aveva sentito che raccoglievano soldi da benefattori per il monumento ai caduti, gli era sfuggito il particolare che erano i caduti in guerra, il brav’uomo che era reduce da una sgessatura resasi necessaria per una mala caduta dal calesse pensò bene che non poteva esimersi dal dare un contributo per qualcosa che aveva vissuto e per l’appunto donò una grossa somma di denaro. Il giorno della inaugurazione era li tra le autorità, il sindaco, il parroco e altri esponenti della vita cittadina, poi la banda musicale, il tricolore e i bambini della scuola ad applaudire. Era felice come una pasqua. Dopo il taglio del nastro inaugurale, fotografie di rito, la popolazione e anche don Cesare si allontanarono. Il giorno dopo lo videro girare intorno al monumento, aveva un modo di comportarsi strano, girava e blaterava frasi sconnesse, ad un certo punto un suo conoscente gli si avvicinò e gli chiese Cesare hai perso qualcosa?, la risposta gelo il suo interlocutore, la capa aggiù perso!!! Scusa in che senso? In che senso? aspetta che acchio lu presidente del comitato e poi vedi ce accappa!!! Sine don Cesare, ma non aggio capito, ma pirchè ti stai ad arragliare? Compà, c’è fai sfotti? E non vedi? ce si cicato? non te meno, stanno scritti tanti nomi anche di cristiani che non canosco e vigliacchi con tutti li soldi che gli aggio dato nemmeno il nome mio hanno scritto.