Anche il folclore e la tradizione possono diventare occasione per accostarsi e comprendere il mistero del Figlio di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi.
Mi lascio ispirare dal fascino del presepe che ancora coinvolge grandi e piccini nel mistero del Natale. Ormai è frequente che la mancanza di spazio, di tempo, di sensibilità oppure l’originalità ad ogni costo, impediscano di allestire il presepe, una tradizione prima diffusa in tutte le case, le famiglie, le chiese, vissuta quasi con la sacralità di un rito. Si preferisce un sobrio albero di Natale, deputato a fare ombra a costosi regali, oppure qualche festone per casa e niente più. In effetti per fare un bel presepe bisogna sentirlo: se non si ha la serenità del cuore e della mente non si ha nemmeno la voglia di farlo.
Il vecchio presepio conserva ancora il suo fascino ed un insegnamento sempre attuale. Per fortuna, a tenerne vivo il ricordo provvedono oggi le tante associazioni di “amici del presepe”, sparse in tutto il mondo.
Si può affermare con una certa sicurezza che il presepe ebbe origine dalle rappresentazioni liturgiche che si tenevano in epoca medievale nella notte di Natale in chiese e confraternite. Da queste san Francesco avrebbe tratto l’idea del suo celebre presepe di Greccio nella notte santa del 1223. E’ dunque probabile che dai presepi viventi si sia passati a quelli con figure scolpite. La diffusione del presepe, nato in ambiente francescano, fu dovuta anche ai frati domenicani, e più tardi ancora ai gesuiti, che lo esportarono fuori dai confini dell’Italia.
Nel reame napoletano il presepe perse la primitiva semplicità per assumere un aspetto fantasioso di festa popolare caratterizzato dalla magnificenza della vita mondana, dalla patetica povertà un po’ esibizionistica del popolino, rappresentato nelle tipiche macchiette: il mandolinaro, il friggitore di pesci, il vecchio ubriaco, la serva bisbetica. I nobili gareggiavano nell’esibire il presepe più ricco, facendo realizzare autentici gioielli in miniatura. Particolare rilevanza ha la figura del pastore e di altri personaggi che rispecchiano una vita pullulante di mestieri e di interessi, a testimonianza di usi, costumi, tradizioni oggi scomparse e alle quali il pensiero corre con nostalgia.
Notevole suggestione suscita, quindi, il cosiddetto presepe “napoletano”, i cui personaggi non vestono i costumi dell’epoca di Gesù, ma quelli del Settecento napoletano, con l’intento di rappresentare e ricordare la nascita di Cristo nel contesto della vita quotidiana di quel luogo e di quel periodo storico. Tale presepe, infatti, è caratterizzato dal convergere di tanti elementi nei quali il sacro si mescola con il profano. La scena della natività di solito è situata tra i ruderi di un antico tempio oppure accanto a colonne spezzate, che risentono delle suggestioni degli scavi di Pompei ed Ercolano i quali avevano ridestato l’interesse per lo stile classico. Nel presepe questo richiamo al classico assume un significato simbolico e indica il cristianesimo che nasce tra le rovine del paganesimo, quasi uno squarcio di paradiso nel grigiore della vita quotidiana.
Accanto alla natività, infatti, vi sono altre due figurazioni fisse: l’annuncio degli angeli ai pastori e la taverna, la parte “pagana” del presepe, con gente che mangia, beve, balla, suona, gioca a carte. A tutt’oggi è anche diffusa l’usanza di inserire nel presepe statuette che rappresentano i più conosciuti esponenti politici.
Il presepe costituisce un’intuizione preziosa anche per noi: celebrare il Natale significa infatti comprendere il messaggio che da questo evento deriva oggi. Contemplando il mistero del Natale attraverso il presepe siamo invitati a fare di Cristo il centro della nostra vita e della storia, a diventare quindi suoi testimoni in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo.