Forte della vittoria del Leone d’oro come miglior film alla 76ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, l’attesissimo “Joker” di Todd Philippis è approdato da poco in sala.
1981, Gotham City. Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), affetto da depressione e da un raro disturbo che gli provoca improvvisi e incontrollabili attacchi di risate, conduce una vita infelice ai margini della società. Vive con una madre malata in un quartiere degradato di Gotham. Di giorno lavora come clown per un’agenzia e di notte prova a sbarcare il lunario facendo il cabarettista. Il suo sogno, alimentato dalla televisione, è quello di diventare un comico di successo, ma ottiene solo umiliazioni, pestaggi e derisioni. Sempre più alienato e trattato come un freak, la psiche instabile di Fleck inizia a deragliare. Quando il rapporto con la madre s’incrina ed esplode l’odio per la figura di Thomas Wayne, padre di Bruce che da grande diventerà Batman, si apre in maniera irreversibile la strada verso la trasformazione in Joker.
Dopo il grande successo commerciale della trilogia “Una notte da leoni” e una filmografia costellata da commedie, Todd Phillips decide di dare una svolta autoriale alla sua carriera narrando la genesi del Joker, uno dei villain più famosi di tutti i tempi, e lo fa in modo originale e indipendente dalla serie di fumetti della DC Comics.
Un film dal forte sapore sociale e politico, che rimanda al cinema americano di rottura degli anni Settanta, soprattutto a “Taxi Driver” di Martin Scorsese. Philipps, sia sceneggiatore che regista di questa pellicola, riesce a inserire la genesi del personaggio del Joker in un contesto sociale attualissimo, dominato da cinismo, incomunicabilità, rigetto del diverso, alienazione e mancanza di politiche di sostegno ai ceti più svantaggiati.
Gotham City, che altro non è che New York, è una grande metropoli sempre più violenta e cinica. I reati sono in aumento, così come il divario tra le condizioni di vita tra i ricchi e le persone meno abbienti. Una Gotham iperrealistica, multietnica e squallida, lontana anni luce sia da quella pop e gotica di Tim Burton, che da quella raffigurata nella trilogia dal forte sapore filosofico di Cristopher Nolan.
Un taglio socio-politico interessante quello dato da Philipps per spiegare le origini del Joker e il suo odio viscerale verso la famiglia Wayne. Un abisso dovuto alla diversa classe di appartenenza, a cui si aggiunge un odio crescente per l’ingiustizia sociale dilagante a Gotham, dove i più deboli sono dimenticati dall’establishment.
Fleck si trova a combattere da solo su tre fronti: quello interiore contro la sua psiche instabile e il suo disturbo; quello familiare, dove la madre malata nasconde un passato torbido; quello pubblico, dominato da una società spietata contro i più fragili e in cui ogni errore costa molto caro.
Alla nascita del Joker, oltre alla madre e alla società, concorre anche la televisione e l’illusione del successo. Geniale il ruolo affidato a Robert De Niro, che qui interpreta magistralmente un anchorman di nome Murray Franklin, idolo di Fleck, che conduce un talk show in prima serata simile al celebre e longevo “Late Show with David Letterman”. Durante una puntata del suo programma, Franklin lancia in onda un video che documenta un numero di cabaret di Fleck, deridendone così tanto le capacità di comico da far trasformare definitivamente Fleck nel suo doppio malvagio Joker, nome tra l’altro affidatogli ironicamente dallo stesso conduttore.
Il Joker non è altro che un (super)eroe al contrario che vuole farsi giustizia (sociale) da sé. Scelto come capo della rivolta degli emarginati di Gotham, che indossano delle maschere da clown, il Joker vuole cambiare lo status quo e ribaltare la piramide sociale di Gotham, gettandola nel caos. I fini sono nobili, i mezzi sono sanguinari. Così come il Joker è incapace di far ridere la gente, perché prima di tutto è lui stesso tragicamente infelice, allo stesso modo i suoi metodi violenti e brutali non possono condurre a niente di buono. Per questo il Joker diventerà la nemesi di Bruce Wayne – Batman, il ricco eroe difensore della corrotta Gotham.
Ciò che però rende davvero unico “Joker” di Phillips è la straordinaria performance di Joaquin Phoenix, lanciatissimo verso la corsa ai prossimi Oscar. L’attore ha fatto un lavoro straordinario sul personaggio, restituendo una “maschera” dalla forte tensione emotiva, capace di trasmettere al pubblico un ampio spettro di emozioni: dalla dolcezza alla malinconia, dalla comicità alla furia omicida. Una grande prova d’attore che fa entrare di diritto Phoenix nella storia della settima arte.
Un altro pregio del lungometraggio risiede nell’alternanza di momenti di forte drammaticità a sequenze molto poetiche, come quella memorabile del ballo sulla scalinata in cui Fleck, ormai trasformatosi definitivamente in Joker, imita Charlie Chaplin. Per la riuscita del film giocano un ruolo importante sia la fotografia di Lawrence Sher che la colonna sonora di Hildur Guðnadóttir, violoncellista islandese.