‘Che cos’è l’amor/chiedilo al vento/che sferza il suo lamento sulla ghiaia/del viale del tramonto/… Ahi, permette signorina/sono il re della cantina…’, così Vinicio Capossela in una canzone di qualche anno fa. La letteratura sull’amore è infinita e anche le canzoni che si rifanno al sentimento d’amore, storie che vanno storie che vengono… Anche Stella Pulpo si è cimentata sul tema scandagliando la vicenda di Nina, una trentenne tarantina, che si trasferisce a Milano per ragioni professionali e per dimenticare. Ma si può dimenticare l’amore di una vita? Nina intanto impara a conoscere il cuore di questa grande città che ama – lo confessa -, nonostante abbia dovuto sperimentare una forma di solitudine metropolitana, apprezzando lo scambio: “lavoro-guadagno, pago-pretendo”. Nulla di più lontano dalla sua esperienza vitale a Taranto dove ancora vivono i suoi genitori, che va a trovare di tanto in tanto, i suoi amici che continua a coltivare e soprattutto il suo grande amore, Salvatore, che ha lasciato per il suo tradimento e la sua incostanza ma che ama, disperatamente. A Milano frequenta locali e giovani uomini che sono alla ricerca, come lei, dell’amore. Senza riuscirci. Prova allora a definire i caratteri dei suoi probabili amanti, classificandoli in base alla serata scelta per l’incontro, nell’attesa spasmodica del “golden day” che premi la sua carica di aspettativa. Certo l’approccio è sempre graduale, ci si osserva e ci si abbandona al limonare, un preliminare che dovrebbe essere dichiarato “patrimonio dell’Unesco”, per la carica erotica che trasmette. Un’imprudente overdose di allucinogeno stravolge la memoria di Salvatore che si aggrappa a Nina, ultima chance, considerata ancora la sua amante nonostante siano ormai passati alcuni anni dal loro distacco. Lei è così costretta a ripercorrere le tappe del loro grande amore, fin dall’età di 17 anni, finendo col confessare che dell’amore si era illusa di saper tutto ma in realtà non sa nulla.
L’amore che tutto travolge, i più intimi sentimenti, la spinge a preoccuparsi del suo innamorato giungendo a pretendere da lui, come segnale della sua incolumità, lo squillo del telefono, per saperlo al sicuro, tra le mura domestiche. Questo viaggio nel passato la espone al ritorno delle vibrazioni d’amore, un sentimento che ritorna prepotentemente ma che ancora una volta la illude perché lui nel frattempo è convolato a nozze. Nina vive rapporti casuali e amichevoli a Milano, che è diventata ormai la sua città, e a Taranto dalla quale non riesce a separarsi, partecipe com’è delle sue condizioni ambientali e delle continue morti di tumori che la funestano. Ammette che non è possibile chiudere con il passato, anzi quello va portato nel cuore come legame di una parte importante della propria vita: “ricordare da dove si viene è necessario per capire dove si va; il passato non può essere una zavorra, ma deve essere un bagaglio”. Ma ormai, fata pace con la sua vita, Nina si sente pronta a vivere la nuova esistenza, saggiamente consapevole che gli amori “aggiungono, sommano e non sottraggono” e che bisogna “andare avanti sempre. Giudicare molto meno e assolvere molto di più”. Fresche e immediate le espressioni utilizzate dall’autrice che accompagna il rapido fluire delle azioni e delle riflessioni alle citazioni di cantanti e gruppi rock, grandi artisti che con le loro note musicali costituiscono una fiumana lustrale in cui annegare le nostre pene d’amore. Nina assume così le vesti di un personaggio che rivive le vicende rocambolesche e sentimentali di una generazione alle prese con il lavoro e con l’amore, alla ricerca di se stessi nell’altro/a.
Rizzoli Editore, Milano 2017, pp. 375, € 19,00.