Salone del libro di Torino, Ferruccio De Bortoli dialoga con Ilvo Diamanti, presentando questo suo ultimo saggio, attualissimo, benché – come ha chiarito l’autore – il libro era stato già dato alle stampe prima delle elezioni del 4 marzo in Italia, che hanno sancito la vittoria netta dei ‘populisti’. Alla Camera il Movimento 5 Stelle ha totalizzato il 32%, mentre il centro destra il 37% (solo la Lega il 17%) e il PD il 18%, nettamente sconfitto. Il fenomeno Lega ha visto all’indomani della formazione del Governo e delle prime dichiarazioni roboanti del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, balzare nei sondaggi i suoi consensi fino a duplicarsi, dato confermato nelle successive elezioni amministrative. Ilvo Diamanti, professore di Scienza Politica all’Università di Urbino e direttore scientifico di Demos, e Marc Lazar, professore di Storia e sociologia politica all’Istituto Sciences Po di Parigi, hanno analizzato il fenomeno del populismo nel mondo, in America e in Europa, soffermandosi in particolare con analisi politiche e sociologiche sui casi di Francia e Italia, che presentano affinità nei processi costitutivi anche se nei due paesi gli esiti politici ed elettorali e i programmi dei vincitori sono molto diversi. Il populismo ha radici antiche e risale al XIX secolo, ma si afferma prepotentemente in anni recenti a partire dalla crisi economica del 2008 per le difficoltà che i cittadini vivono sulla loro pelle a causa della chiusura dei distretti industriali e la conseguente disoccupazione massiccia. Le condizioni economiche precarie generano una critica violenta e feroce contro la classe politica corrotta e incapace (definita La casta e il Palazzo) e le èlites dirigenti, che si spinge fino a scuotere le fondamenta della Comunità Europea. La paura e l’insicurezza sociale portano a individuare negli stranieri un pericolo sociale e una concorrenzialità sul mercato del lavoro. Questi elementi spingono le masse popolari a sostenere i nuovi movimenti politici che fanno dell’antipolitica la loro cifra d’azione in nome del popolo. Chiunque si affacci sulla scena politica è portato ad alimentare il malcontento contro le classi dominanti, rivendicando il potere in nome del popolo sovrano, senza intermediazioni. Cosicché in Francia Emmanuel Macron fonda un nuovo movimento che dalla sue iniziali prende il nome di (Rèpubblique) En Marche. Rivendica il superamento delle ideologie e soprattutto del vecchio potere, rappresentato dai socialisti e dai repubblicani. Si afferma come nuovo soggetto, per quanto egli sia stato già ministro dell’economia e banchiere. Quindi proprio nuovo non era. Sua antagonista Marine Le Pen, che eredita dal padre il Front Nazional, partito neo fascista, che trasforma in populista di destra, come sul versante opposto fa Jean-Luc Mèlenchon con la sua formazione Partito di sinistra che dal 2016 si è trasformato in France insoumise (indomita), un partito che trova corrispondenze nella formazione Podemos in Spagna e Syryza in Grecia. In Italia il M5S si afferma come critica ai partiti tradizionali con venature iniziali ambientaliste e soprattutto rivendicando la democrazia diretta e im-mediata attraverso l’uso della piattaforma Rousseau. Anima e depositario del movimento è Beppe Grillo. Come della Lega è Salvini che assume la segreteria del partito nel 2013 e imprime un cambiamento sostanziale facendola diventare partito nazionale e imprimendo alla sua azione una forte valenza anti immigrati, considerati come il male da allontanare dal territorio nazionale perché con i loro usi e consumi e la religione islamica inficiano l’identità del popolo. Leaderismo esasperato quindi e difesa della identitarietà e dei propri interessi, ‘prima di tutto gli italiani’, contro la globalizzazione responsabile della crisi e della perdita di identità. La democrazia rappresentativa entra in crisi e si afferma la democrazia diretta, incarnata dal leader che chiama direttamente il popolo ad esprimersi nei gazebo e nelle piattaforme. Questi procedimenti sono ben lungi dal fornire prove di partecipazione complessiva della società alle scelte e soprattutto non prevedono alcuna autorità terza che controlli l’effettivo consenso espresso. Dalla democrazia rappresentativa, come l’abbiamo finora conosciuta, alla popolocrazia il passo è breve, con i rischi che ne seguono. E’ possibile invertire la tendenza? I ‘partigiani della democrazia’ sono chiamati a mettere in atto un vasto programma rigenerativo che risponda alle domande e alle aspirazioni delle popolazioni disorientate e inquiete, che sappia offrire ai cittadini le tutele e rispondere ai bisogni, rifondare il patto sociale con la società, ripensare i modelli di integrazione degli immigrati, restituire senso e passione per la politica, ricostruire un clima di fiducia fra i cittadini, infine rilanciare il progetto europeo.
Edizioni Giuseppe Laterza & Figli, 2018, pp. 162, € 15,00.