La giornata del compleanno di Ornella. E’ lei a proporre e a offrire, in combinazione con Ilich, il viaggio in dono. Perciò le auguriamo tanti anni ancora di benessere e di felicità. Colazione veloce in una piccola pasticceria e ci involiamo verso nord, sulla linea di costa.
La prima tappa è Cesarea, città fenicia e poi annessa da Pompeo nel 63 a.C. alla provincia di Siria. Fu donata ad Erode il Grande che la abbellì di monumenti e strutture per le attività ricreative e culturali: un grande e ampio teatro, un anfiteatro e lo stabilimento termale. Divenne successivamente capitale della provincia di Giudea e uno dei più grandi centri marittimi dell’Oriente.
Costruita sulla linea di costa, la si può percorrere in tutta la sua lunghezza, dal teatro con vista sul mare all’adiacente anfiteatro, alle terme e all’area sacra. Il complesso è interessato da un grande fervore ricostruttivo, una anastilosi che si sforza di ricreare gli edifici esistenti, non senza qualche forzatura. Una pratica archeologica che è molto discussa e giudicata in modo controverso da noi ma non in Israele dove una febbre costruttiva coinvolge vecchie e nuove costruzioni.
Si comprende in questo caso l’urgenza culturale e turistica, come testimonianza di un passato glorioso che illumini il presente. La città fu poi presa dagli arabi e riconquistata dai crociati che la riedificarono accanto a quella antica preesistente. Poi cadde l’oblio sulle sue rovine sino al fervore degli anni recenti che l’ha, con grande nostro piacere, scoperchiata.
Proseguiamo sulla linea di costa fino a giungere al Monte Carmelo sulle cui pendici si adagia Haifa, la città industriale per eccellenza. Lo si nota dai capannoni che si susseguono gli uni agli altri contrassegnati dalle sigle delle aziende più varie, segnale della laboriosità manifatturiera e industriale di Israele.
Per le sue numerose fabbriche e per la presenza di una considerevole classe lavoratrice e operaia e per la forte politicizzazione dei suoi abitanti viene definita la ‘città rossa’. Attraversiamo il tunnel del Monte Carmelo e ci dirigiamo ad Akko, meglio conosciuta come San Giovanni d’Acri, città marittima fenicia molto importante nell’antichità e nel periodo dei crociati che la scelsero come porto da cui far partire le navi commerciali cariche dell’olio della Galilea e del frumento del Golan verso il Mediterraneo Occidentale. Molto attive le Repubbliche Marinare di Amalfi, Genova, Venezia e Pisa, che avevano un loro specifico porto. Era così tanto frequentata che alla rada potevano sostare 80 navi onerarie e per dare ospitalità ai numerosi marittimi erano stati costruiti molti khan, caravanserragli, ostelli per la sosta. Lo sky line della città dal mare è veramente grazioso con le mura sormontate da minareti e campanili, segno che la città aveva assorbito la diversità delle fedi professate.
Con il declino di Tiro e di Sidone era subentrata come terminale delle rotte commerciali. Poi decadde conquistata infine dai turchi. Gli inglesi nel corso della guerra la utilizzarono come grande prigione e neppure gli ebrei la consideravano rientrare nel vasto progetto di Ezetz Israel. L’esercito israeliano vi entrò nel 1948 senza incontrare resistenza. Si vede subito entrando nella città la forte influenza araba e libanese, dal disordine e dal caotico via vai delle auto e delle persone. Vi giungiamo all’ora di pranzo inoltrata e subito si para davanti ai nostri occhi un ristorante all’aperto, costituito da alcuni filari di tavoli già strapieni di affamati clienti che vanno a sconfinare fra gli abiti esposti di un vicino negozio. E’ il nostro locale. Ne siamo subito attratti. Troviamo posto ad un tavolino, serviti da scodelle varie di verdure trattate in modo diverso, crude e cotte, ma tutte inondate di spezie e di coriandolo. Un giro della città vecchia ci riporta al mondo delle crociate e delle repubbliche marinare, quando da quelle vie transitavano uomini e merci destinate alle città occidentali.
Si riparte verso l’interno. Una via ci porta verso il cuore della Galilea, ai confini con la Siria. A Cafarnao, sul lago di Tiberiade, un piccolo villaggio ai tempi di Cristo, quando i poveri pescatori come Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Matteo si esercitavano per raccogliere un po’ di pesce da distribuire nel villaggio. Da qui partì Cristo per formare la squadra dei suoi apostoli con il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. L’allusione alla pesca delle anime era molto chiara.
Ora del villaggio restano poche rovine e una fondazione cristiana della Terra Santa gestisce i luoghi e mantiene vivo lo spirito religioso. Scendiamo verso Tiberiade e rientriamo a Tel Aviv, molto stanchi. Ma la serata non può finire così. Ci riposiamo in casa, brindiamo al compleanno di Ornella e ci rimettiamo in movimento a piedi per il centro di Tel Aviv. Raggiungiamo via Nahalat Binyamin, accanto all’HaCarmel market, il mercato degli artisti che illumina questa vecchia strada, su cui si aprono locali e piccoli ristoranti tipicamente israeliani, cucina kosher con cibi realizzati secondo le regole della Torah ebraica. Tutto molto buono, l’hummus, la crema di fave, la zuppa di lenticchie e il lamb/agnello sminuzzato. Il vino, un rosso forte e profumato come questa terra.
Segue … (La V e ultima parte sarà pubblicata mercoledì 17 aprile)