Alla sua penultima settimana di programmazione il Romaeuropa Festival presenta domani 17 novembre all’Auditorium Parco della Musica – Sala Petrassi un appuntamento con il teatro che incontra la musica. Filippo Andreatta della compagnia OHT sarà in scena il 17 novembre insieme alla PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble con Curon / Graun sulle note di Arvo Pärt.
Fondata dal regista Filippo Andreatta e da sempre impegnata a sondare il limite tra teatro e arti visive, la compagnia OHT – Office for a Human Theatre si confronta per la prima volta con il teatro musicale ispirandosi alla musica di Arvo Pärt e a un ambiguo rapporto fra uomo e natura. Base di questo progetto è la vicenda del paese altoatesino Curon, completamente sommerso nel 1950 e di cui oggi non è rimasto più nulla, a eccezione di un campanile che spunta dall’acqua. In scena, l’intreccio tra le immagini di questo campanile e la musica del celebre compositore evocano la tragicità dei fatti storici. Diverse modalità di narrazione si affiancano a differenti versioni di Fratres, composizione senza fissa strumentazione. Così il testo e le immagini si mescolano con la performance live, immergendo il pubblico in un’esperienza ipnotica che vede nel campanile sommerso il protagonista di questa scena al fianco del Parco della Musica Contemporanea Ensemble.
«Potremmo dire che è la prima volta in assoluto che OHT mette in scena un vero e proprio testo scritto, perché la musica, in questo lavoro, ha il peso che siamo abituati ad attribuire al testo nel teatro di prosa. Curon/Graun nasce ascoltando i brani di Arvo Pärt, facendo dei suoi silenzi e dei suoi tintinnii le voci che agiscono nel paesaggio che abbiamo ricostruito chirurgicamente ascoltando le indicazioni della musica. Grazie al confronto con Stefano Ferrario (primo violino e direttore della versione eseguita dall’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano) siamo entrati visivamente nella dinamica della partitura, cercando di intercettare la tensione nascosta nelle note di Arvo Pärt. Seguendo questa tensione siamo arrivati a portare lo spettatore all’epifania in cui il suono della campana si materializza in scena come fantasma del campanile. (…) Il silenzio è una componente fondamentale della musica di Arvo Pärt e le sue note rarefatte riportano il teatro al suo midollo, quello di essere un luogo capace di comunicare attraverso l’immobilità e il silenzio. Per questo, solo la sua musica poteva inscenare la storia di un campanile castrato della sua campana e rendere umano uno spettacolo il cui protagonista è un campanile: un oggetto senza movimento, che resta sempre lì, radicato nel mondo, fermo e in silenzio» afferma Filippo Andreatta.
Introduce lo spettacolo l’esecuzione in prima italiana della Serenade (1978) di Valentin Sylvestrov, autore ucraino coetaneo di Arvo Pärt, esponente di rilievo di quell’estetica della musica meditativa, del silenzio, delle atmosfere rarefatte che caratterizzano l’intero spettacolo.
Fonte: GDG press