Hanno ancora senso oggi le pubbliche manifestazioni di solidarietà, protesta, contestazione? Non andrebbero adeguate ai tempi? Prendiamo ad esempio cosa avviene nella città di Milano.
Hanno ancora senso oggi le pubbliche manifestazioni di solidarietà, protesta, contestazione?
Sicuramente si anche perché la Costituzione italiana riconosce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Ma tutte le modalità espressive sono sempre opportune e valide? Non andrebbero adeguate ai tempi?
Oggi – anche con il supporto della divulgazione social e il relativo dibattito che le piattaforme favoriscono e amplificano – le manifestazioni proliferano e purtroppo aumentano anche i motivi di protesta per sensibilizzare l’opinione pubblica, come la Palestina, l’Ucraina, la parità di genere, l’essere contro la violenza declinata in ogni modo (infatti è tra i motivi più gettonati di protesta). Non ultima è da considerare anche la voglia di visibilità di qualche “capopopolo” appartenente ai partiti e alla società civile.
Tutto ciò rappresenta un segno di partecipazione, di vitalità e dinamicità in tempi in cui – ci dicono gli studiosi e gli intellettuali – predomina l’indifferenza, l’apatia, il riflusso nel privato. Si tratta, insomma, di un segno di ritorno agli ideali, alla promozione delle proprie idee, al coinvolgimento popolare o di determinati settori civili.
Ma, al netto dell’evitare qualche lezione scolastica da parte degli studenti, tante manifestazioni non solo paralizzano la città ma creano disagi a tanta gente che, più che solidarizzare, si arrabbia. Senza contare, ma qui tocchiamo un altro tema, le frange scatenate e distruttive che fanno venir meno gli ideali, il rispetto, le giuste cause, rovinando tutto con gesti di violenza gratuita su monumenti, esercizi commerciali, abitazioni, ecc.
Non è raro, dopo il lavoro durante la settimana o dopo aver fatto qualche giro per la città nel fine settimana, trovare le linee dei tram bloccate, con tanto di lampeggianti della polizia, che annunciano cortei più o meno rumorosi che si muovono nelle zone vitali della città, creando disagi a chi deve rientrare a casa dopo una giornata faticosa.
Spesso non si è a conoscenza di tali manifestazioni (non solo si deve controllare il meteo e gli scioperi, ma pure i cortei). E gli avvisi dei mezzi pubblici non aiutano perché già nell’ordinario, se va bene, sui pannelli delle pensiline alle fermate degli autobus appare “ricalcolo” o “manifestazioni in corso” e … il problema resta a chi si deve spostare.
Quindi, più che avere un effetto positivo, si esasperano le posizioni.
Già il cittadino sconta vari disagi legati al problema sicurezza e ai disservizi ordinari dei mezzi pubblici (ritardi, incidenti, lavori in corso, bici e monopattini impazziti, uniti ai noti problemi strutturali dell’azienda). Se poi si aggiungono le continue manifestazioni (e pensiamo anche a quelle sportive, che aumentano con l’arrivo della bella stagione) … spostarsi in città diventa improbo.
Allora la proposta è che le manifestazioni di protesta o di solidarietà non si svolgano più nelle principali arterie cittadine, ma siano stanziali nei tanti luoghi all’aperto che Milano offre, dal Castello, all’Arena, a varie piazze con zone pedonali, dove ci si può riunire, esporre bandiere e striscioni, discutere, tenere comizi senza rallentare o bloccare la vita della città e le tante esigenze dei cittadini, pur sensibili, a cui non dare pesi ulteriori rispetto a quelli “fisiologici” ma che si spera risolvibili per la città, in primis sicurezza e fruibilità dei mezzi pubblici.