In apertura del nuovo anno – dall’11 gennaio all’11 febbraio 2024 lo struggente e visionario capolavoro di Pedro Lemebel, scrittore e artista di culto in Cile, nella trasposizione teatrale di Alejandro Tantanian.
Primavera 1986, alle cinque della sera… Santiago è una città di mezza tacca, schiacciata dai pattugliamenti e tutta intenta a spidocchiarsi tra la disoccupazione e il quarto di zucchero preso in prestito all’emporio. Nell’arena tumultuosa di notti marimbe e vagabonde, squarciate dai lampi dei blackout per i cavi elettrici scoperti e cullata dal gracchiare radiofonico di languide canzoni al miele e dulce de leche di “Al ritmo del cuore”, la Fata dell’angolo (travestito passionale), lo studente Carlos (militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez), il generale Augusto José Ramón Pinochet Ugarte e la sua fedelissima donna Lucia, persi nel coro scomposto della città indolente e febbricitante, danzano, sinuosi o impettiti, il loro fatale e grottesco bolero col destino…
Scivolando tra le pagine chiassose e taciturne, arrabbiate e struggenti, ciniche e innamorate di Ho paura torero (2001), prezioso smeraldo del firmamento letterario ispano-americano, Claudio Longhi e Lino Guanciale, in questa nuova tappa del loro lungo sodalizio, compongono un murale rutilante di storie incrociate.
È un racconto di formazione, Ho paura torero, in bilico tra una dimensione privata, intima, sentimentale e una politica, sociale. La prima è quella nella quale volteggia la Fata dell’angolo, protetta dalle pareti della sua casetta macilenta, unico amore della vita, sospirando sulle note delle canzoni d’amore trasmesse dalla radio e interrotte dalla voce di Sergio Campos e dai comunicati di Radio Cooperativa. L’altra è quella dell’utopia, dell’idealismo, della strenua opposizione al regime di Pinochet, che infiamma azioni e pensieri del giovane studente universitario; approfittando del fascino esercitato sulla Fata, Carlos ne trasforma il ‘nido’ in base e nascondiglio per le riunioni clandestine del Fronte patriottico Manuel Rodríguez. L’esito finale di quegli incontri carbonari, celati dalle balze, i pizzi e i nastri di tulle della casa della Fata, sarà l’attentato a Pinochet del settembre 1986, destinato, nonostante il fallimento, ad aprire una crepa profonda nella dittatura. Nell’appassionato, straziante passo a due tra la Fata e Carlos prende forma, proprio lì dove c’erano solo nostalgici vagheggiamenti, un’aurorale coscienza politica e dove, invece, quest’ultima regnava indiscussa fiorisce, timida, un’educazione sentimentale.
Il passo a due si fa quadriglia, intrecciandosi alle vicende del dittatore e di Doña Lucia. Pinochet, assillato dalla moglie petulante e logorroica, tormentato da incubi d’infanzia, in una trama onirica che attraversa tutto il racconto, tra allucinazioni e risvegli, va e viene dal proprio retiro di Cajón del Maipo, che domina Santiago dall’alto. Finché un giorno, lungo la strada rovente che scende verso la capitale, il suo cammino si incrocia drammaticamente con quello di Carlos.
Intorno, fluttua un caleidoscopio di personaggi: le amiche della Fata: la Lupe, la Rana; le ricche clienti, come Doña Catita, mogli di generali asserragliate in un’altra Santiago, che la Fata può solo sbirciare dai finestrini dell’autobus quando si reca a consegnare le tovaglie ricamate su commissione; Laura, la compagna di università (e di lotta) di Carlos; la radio, vero e proprio personaggio più che semplice paesaggio sonoro.
Ho paura torero, infatti, è anche un racconto-canzone. Il mosaico di melodie, strofe, ritornelli “leggeri”, che risuonano dalla radio, amplifica il dirompente, viscerale afflato popolare che lega l’autore, Pedro Lemebel, al popolo cileno, con la forza di chi è da sempre vissuto ai margini, come rappresentante di una minoranza etnica, i Mapuche, come omosessuale e come travestito.
Questa sua radice profondamente popolare è accarezzata, nella scrittura, da un’estrema sapienza letteraria, cesellando così una lingua capace di trascolorare dal barocco al carnale, da una struggente sensualità a una chiassosa e feroce ironia, in una giostra raffinatissima di stili e registri.
Tanto forte e radicato fu questo legame con la gente del Cile che, quando nel 2019 esplose l’Estallido social (le manifestazioni generate dall’aumento del prezzo del biglietto della metro, che aprirono la strada verso un progetto di revisione della Costituzione, poi decaduto), benché fosse già morto da quattro anni, il volto e le parole di Lemebel riapparvero in quelle strade infiammate dalle proteste e tornarono ad affiancare i cileni, nei murales, nelle scritte, nei cartelli.
*Foto in evidenza: HO PAURA TORERO, Longhi – Guanciale (foto Masiar Pasquali)
Fonte: Ufficio Stampa Piccolo Teatro Milano