L’Italia cambia politica contro lo Stato Islamico? Sono bastate alcune “indiscrezioni di stampa”, riprese da un quotidiano nazionale per innescare il battage mediatico di un possibile cambio di atteggiamento nella politica seguita dal governo italiano nella guerra all’ISIS.
Come noto il nostro Paese partecipa assieme agli USA ed altre Nazioni occidentali e del Medio Oriente, alla coalizione che opera contro lo Stato Islamico in Iraq, con alcuni assetti aerei basati in Kuwait – Tornado e Predator per ricognizione ed intelligence – e con un centinaio di istruttori a favore dei Curdi. Noi non bombardiamo ne si ha al momento alcuna intenzione di farlo.
Non perché non si sia in grado di farlo – ci mancherebbe disponiamo di mezzi eccellenti dello stesso livello delle altre nazioni – ma perché, pur in presenza di una specifica richiesta da parte del Governo iracheno e di una eventuale conseguente accettazione della stessa da parte del nostro Governo, per intervenire in modo attivo avremmo bisogno di un adeguato contesto giuridico e di tutte le necessarie autorizzazioni nazionali (decisione parlamentare) ed internazionali. Per l’Italia non sarebbe sufficiente la motivazione francese – “ci hanno fatto un attentato in Francia, siamo legittimati a combatterli nel loro territorio” – che ha consentito ad Hollande di mandare qualche Jet Rafale a sganciare vecchie bombe a caduta su obiettivi dell’ISIS.
In linea con questa politica nazionale il nostro Ministero della Difesa ha precisato che si tratta solo di ipotesi, peraltro già studiate perché, ovviamente, quando si pianifica un intervento in un teatro di guerra viene considerato tutto il ventaglio degli scenari possibili.
Tanto per capirsi, anche se non si prevedono duelli aerei nella fase iniziale, i missili aria-aria sono al seguito così come pronte a giungere in teatro sono le bombe a guida laser e non e tutto il resto che un’eventuale escalation dell’impegno rendesse necessario. Ma questa è normale pianificazione e conseguente organizzazione logistica ed operativa di competenza dei militari. Non significa che si vada necessariamente a bombardare.
Le uscite ad effetto della stampa non fanno certo cambiare le regole di ingaggio alle quali il nostro Paese e le sue Forze Armate sempre strettamente si attengono.
Niente bombe italiane sull’ISIS per il momento.
Per quanto riguarda la situazione nell’area, sono già in troppi a bombardare l’ISIS in Iraq ed in Siria senza risolutivi risultati. La Russia opera in Siria ed effettua interventi su obiettivi non solo ISIS, con grande disappunto degli USA che vedono bombardati anche i ribelli anti Assad che la CIA, con scarsi risultati ma con grande dispendio di denaro, appoggia da anni.
Anche la Cina, per la prima volta operativamente presente nel Mediterraneo, sta predisponendosi ad intervenire. Truppe iraniane sono in Siria assieme a piccoli contingenti russi ed a truppe cinesi date in arrivo. In Iraq USA, Gran Bretagna, Germania, Italia ed altri oltre a forze dei Paesi del Golfo già operano da tempo con vari obiettivi.
La Comunità Internazionale si è mossa ma i suoi componenti perseguono finalità diverse ed a volte divergenti. Una parte, capeggiata dalla Russia agisce in Siria a favore del dittatore e contro l’ISIS, un’altra a guida americana in Iraq a favore dei ribelli anti Assad e contro l’ISIS. L’obiettivo comune, ISIS, non è sufficiente ad uniformare i comportamenti e già alcune pericolose scaramucce si sono verificate con i primi sconfinamenti di jet russi, non certo casuali, nei cieli turchi. La NATO e la Turchia protestano e per ora va bene così.
La sensazione è però che la Russia stia testando le reazioni degli USA per vedere fino a dove sono disposti a concederle campo nell’intento di riacquistare una posizione da grande nella ribalta internazionale, anche grazie alle titubanze degli occidentali. Vedremo nei prossimi giorni.
Un diretto intervento italiano nei bombardamenti contro ISIS in Iraq, poco potrebbe aggiungere agli effetti sul terreno. Con i soli bombardamenti non si risolve nulla, si raffredda solo il confronto e si rendono più difficoltose, non impossibili, le azioni dei terroristi. Per questo dalla parte russa si preparano truppe di terra. Anche le bombe francesi non servono a molto, se non a legittimare la futura presenza di Hollande a livello politico, laddove di Siria si discuterà nei prossimi mesi.
Se anche l’Italia vorrà esserci, allora l’impegno dovrà essere reale sul campo e non solo di supporto. Così facendo dovremo però aver chiaro l’obiettivo politico da perseguire, per il quale dovremo prevedere anche un prezzo più alto da pagare in termini di risorse ma anche di rischi per il Paese.