L’ultimo banco in classe è il luogo della perdizione, dove ci si imbosca dallo sguardo indagatore dell’insegnante, dove si può pensare ad altro rispetto alla lezione. Ci si nasconde quando si è pescati per l’interrogazione, l’interregno, il luogo sospeso: questa la situazione della scuola italiana illustrata nel saggio analitico e approfondito di Giovanni Floris.
E’ facile capire il suo senso di preoccupazione per un istituto che deve formare le coscienze delle nuove generazioni ma che al suo interno, nonostante l’impegno degli insegnanti, mostra così tante crepe da far temere un suo imminente crollo.
Il sistema scolastico è alla base della società. Se non funziona, per tante ragioni che l’autore investiga, sono naturali le conseguenze nefaste.
Analizzate le sue tre componenti, gli insegnati, gli studenti e i genitori, Floris compie un percorso all’interno di ognuna di queste categorie umane che soffrono della loro condizione professionale ed esistenziale. Tutte le riforme tentate hanno fallito perché sostanzialmente si è considerata la scuola come terreno di conquista, come spazio in cui inserire per legge riforme frutto della propria convinzione ideologica, senza coinvolgere adeguatamente i diretti interessati. Così alle riforme approvate dalla sinistra sono seguite quella della destra, senza mai fare lo sforzo di considerare la scuola, come la sanità per es., un campo dove far tacere le convinzioni di parte e schierarsi tutti uniti, insieme, per organizzare ed elaborare una formazione condivisa.
Gli insegnanti da tempo hanno perso prestigio sociale e professionale, sono demotivati, sottopagati e soprattutto contestati dal basso, dagli studenti e dall’alto, dai genitori, che si scagliano spesso anche con violenza contro le valutazioni negative espresse con voti bassi o contro i richiami scritti e verbali. Un atteggiamento che spinge gli studenti a non rispettare chi dalla cattedra si affanna a promuovere formazione e ad insegnare la materia. Ne viene fuori un quadro davvero preoccupante che ha bisogno di riforme vere, demandate ai bravi ‘politici’, se ce ne sono.
L’autore non propone una sua riforma, ma una rivoluzione delle coscienze che sproni tutte le componenti a riportare a scuola la serietà e l’impegno, a porre al centro la competenza, a ragionare secondo i principi solidali della squadra per il cui buon risultato ognuno deve svolgere il suo ruolo specifico, senza lasciare indietro nessuno, e uscire dalla sindrome della rivendicazione, facendo i conti seriamente con gli obiettivi posti e colmare le lacune per raggiungerli.
Professori e studenti possono salvare l’Italia a condizione che i professori ritrovino l’orgoglio della loro funzione coniugandola con la qualità del lavoro e gli studenti comprendano che la loro preparazione va maturata nel corso degli studi e che da essa dipende il loro avvenire. Mentre i genitori, come scrive Matteo Bussola, fumettista e conduttore radiofonico, farebbero bene a stare lontani dalla scuola, a fare un passo indietro, quello del rispetto. E tutti quanti siano uniti a combattere il populismo scolastico, la poca voglia di lavorare, l’irresponsabilità e la contestazione fine a se stessa.
Floris è convinto che da qui, dalla scuola, bisogna partire per invertire la tendenza della decadenza sociale. Lo ha percepito dopo aver visitato molti istituti in Italia e dialogato con insegnanti e studenti. I quali avvertono la necessità del cambiamento ma vivono una situazione di incertezza e di stallo che dura ormai da molto tempo.
Solferino, I Libri del Corriere della Sera, 2018 RCS Media Group S.p.A., Milano, pp.203, € 15,00.