Difficile, per chi non si occupi con continuità di analisi geopolitica e di politica internazionale, capire cosa stia veramente succedendo nella governance del mondo.
Che gli equilibri di forza tra le principali potenze mondiali fossero compromessi, lo si era capito dagli esiti della fallimentare gestione delle ultime crisi internazionali post 11 settembre 2001, dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Libia alla Siria, solo per citarne alcune.
I tradizionali “padroni del mondo”, Stati Uniti e Russia, sono spariti dopo aver fallito nei loro piani e contribuito in maniera determinante a destabilizzare vaste zone del pianeta, soprattutto il Medio Oriente. E questo vale in particolare per gli USA che, ad esempio, nella crisi siriana hanno svolto un ruolo più da comprimari che da protagonisti.
Ma c’è di più. L’avvento di Trump alla presidenza Usa ha veramente sconvolto ogni certezza. Oggi ci si chiede chi comandi il mondo!
Trump ha messo in discussione le tradizionali alleanze, ha annullato accordi consolidati con i principali partner degli Stati Uniti, ha lanciato recentemente una guerra economica senza precedenti verso tutti i suoi competitor nel mondo. E tutto ciò con decisioni improvvise, probabilmente poco meditate: sanzioni, dazi sui prodotti stranieri, senza paura di conseguenze, senza alcuna remora per i danni che produceva anche sugli alleati.
Anzi, lo dice chiaro e tondo “….se non pagate di più me ne vado anche dalla NATO, voi europei assieme a Cina e Russia siete i miei nemici, forse anche più di loro!” Incredibile. America first. A tutti i costi e costi quello che costi, agli altri naturalmente!
Trump è l’espressione di un nazionalismo perfetto, efficace perché esercitato da chi ha la forza per farlo, non come i nazionalisti europei che a parole sconquassano il mondo ma poi non hanno le risorse per mantenere le promesse.
Trump applica alla politica la cinica tecnica del businessman. Niente amici nel senso etico del termine, niente sentimenti, nemmeno un po’ di solidarietà, solo rapporti con i competitor economici ai quali si può anche dire di considerarli nemici, perché nel business questa parola ha un diverso significato e l’amicizia non è proprio contemplata.
Trump è convinto e sicuro di essere il più forte per cui lui deve indicare la strada al resto del mondo, nel pieno rispetto e tutela degli interessi degli Stati Uniti. E in questo contesto di economic warfare, guerra economica, l’Europa germano-centrica è anch’essa un nemico e la Cancelliera Merkel l’obiettivo.
La Cina, non ancora potenza militare di cui doversi preoccupare, è invece un temibile nemico economico per gli Stati Uniti.
La Russia è un nemico economico anch’essa, che potrebbe diventare pericoloso se dovesse accordarsi con l’Europa e soprattutto se si dovesse creare un asse economico Mosca-Berlino. Questo sarebbe negativo per gli interessi europei di Trump e per questo il Presidente americano adula Putin e attacca la Merkel, il punto più debole.
In definitiva occorre comprendere che il nuovo corso americano di Trump si è sovrapposto allo stato confusionale in cui versava la governance del mondo al tempo di Obama, con un nuovo obiettivo: rendere sempre più florida l’economia americana. Per questo non servono le alleanze multinazionali, ma gli accordi e le transazioni economiche bilaterali, che sono ovviamente più rapide e redditizie perché soggette solo alle regole stabilite dai due sul campo.
Tutte le crisi politiche e militari mondiali, le questioni umanitarie e sociali che affliggono i popoli e che creano diseguaglianza e conflitto, nonché la stabilizzazione delle aree critiche dove sono ancora accese guerre e distruzioni, vengono dopo se mai saranno affrontate. La stabilizzazione del mondo verrà solo se sarà possibile conseguirla con lo sviluppo di relazioni economiche. Il business sopra tutto, ideali, politica e valori non sono più contemplati.
Certo un bel cambiamento direi, in meno di un anno e mezzo dall’insediamento di Trump si è passati dall’ovattata politica di Obama – attento al rispetto dell’ambiente, ai rapporti tra le genti, ai grandi problemi del mondo, anche se con scarsi risultati – al più grande egoismo di stato di The Donald.
Oggi è così e finalmente ce ne siamo accorti anche dalle nostre parti.
Passata la fase critica della sorpresa per le caratteristiche di questo nuovo presidente, delle critiche nei suoi confronti, delle derisioni del personaggio, oggi è bene che gli europei si muovano dal loro torpore perché Trump è sul trono, che piaccia o no, e non è detto che non ci rimanga anche per un secondo mandato.
Se così fosse allora, tutte le sue minacce che in soli quattro anni non riuscirebbe a portare a compimento, potrebbero invece essere totalmente applicate nel tempo di un doppio mandato.
Noi europei abbiamo fedelmente sostenuto l’America, che ci aveva aiutato nella ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale, ed abbiamo continuato nel post cold war, guerra fredda, a far parte della partita partecipando a tutte le avventure dei presidenti Bush e Clinton. Certo più come sudditi politici, economici e militari che come alleati convinti di dover partecipare!
Oggi essere sudditi non conviene più perché il monarca ha un solo obiettivo: America first.
Ed allora l’Europa, che ha ancora capacità, ricchezza e ingegno sufficienti per muoversi autonomamente nel nuovo contesto internazionale, deve individuare una sua via autonoma. E’ la sola strada percorribile. Ma occorre far presto a consolidare i fragili rapporti interni all’Unione Europea, perché il limite di cui essa soffre è rappresentato proprio dal debole equilibrio esistente tra le Istituzioni comunitarie ed i governi dei 27 stati membri. Su questo occorre lavorare.
Gli USA di Trump non sono più il grande fratello ma un fratellastro con cui si deve ovviamente continuare a cooperare in un contesto diverso che richiede altre modalità.
La Russia e la Cina possono offrire al vecchio continente valide alternative di partnership.
La nuova dottrina di Trump, su questo tutti i maggiori analisti concordano, mira ad instaurare nel mondo un nuovo ordine che vada al di là delle ideologie, che preveda solo rapporti diretti tra potenze al di fuori delle tradizionali alleanze. Ed è chiaro che in tale contesto, un’Unione Europea forte e coesa, capace di imporsi sulla scena internazionale darebbe fastidio. Secondo questa dottrina, non più Nazioni Unite, non più una collettività internazionale che si faccia carico in maniera solidale dei problemi del mondo ma solo alcune vere potenze in competizione tra di loro, capaci di dominare rapportandosi direttamente con tutti gli attori minori sulla scena mondiale.
I governanti europei devono finalmente capire che l’America di Trump è ancora un paese alleato ma certamente non più amico, ed attrezzarsi per reagire. Speriamo.