Siamo vivi, esistiamo, e allora facciamo festa!
Sabato 24 giugno, Milano era bellissima (e caldissima): carri, musica e presunti eccessi, una parata strepitosa con una partecipazione corale che non lasciava alcun dubbio: Milano c’è!
C’è per far spazio a legittimazione, divertimento ed abbondanza, dove l’eccesso, come lo definiscono alcuni, racconta più semplicemente la voglia di esserci, perché quando si esiste si vuole un posto e se quel posto te lo fanno sudare si grida più forte: “Ci volete invisibili? Col cavolo! Ci saremo a modo nostro!”. Anche perché, mi pare ovvio, che il Pride non sia il momento indicato per soddisfare le fantasie, gli ideali, le concezioni di ciò che è “buon gusto” degli anti-LGBTQIA+. Sostanzialmente non è il momento per cercare di piacere incondizionatamente agli anti- LGBTQIA+.
Del PRIDE, mi travolge, commuovendomi, il sotteso inno alla vita: siamo vivi, gioia, festeggiamo! Tuttavia, mi arriva anche il lamento più aspro, che rende la celebrazione del PRIDE quanto mai necessaria: sono ancora troppi i vuoti di legge e le discriminazioni che impattano la comunità LGBTQIA+. Difendere i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali e chiunque non si definisca eterosessuale, mi appare, allora, una questione valoriale insindacabile.
Hai bisogno di appartenere alla comunità LGBTQIA+ per comprenderne le sincere richieste dell’Anima?
Sgombriamo subito il campo da commenti quali “è una carnevalata”, “sono loro che si auto-ghettizzano”, “bisognerebbe fare anche l’etero Pride”.
Etero, ti sei accorto/a che tu hai già una bella visibilità? So che ti è chiaro che il tuo orientamento sessuale, la tua espressione sono considerati “normali”. È possibile tu sia stato bullizzato/a nella vita, aggredito/a, insultato/a, deriso/a – la vita non si svolge mai su un piano ideale – e, sebbene ciò non sia accaduto per la tua espressione di genere, sai bene cosa si provi. Hai suturato quelle ferite dolorose? Perché celebrare il Pride è spesso questo: dichiarare a se stessi che il processo di guarigione è iniziato, che si è fuori dalla passività, che si è pronti ad abbracciare una posizione proattiva contro la discriminazione, lo stigma e la violenza. A testa alta. Con profonda amorevolezza verso ciò che si è.
Poi c’è la questione dei diritti, diritti che non lo sono abbastanza. Penso all’unione civile per le persone omosessuali, che non solo non si chiama matrimonio (e pazienza), ma soprattutto non permette le adozioni, la registrazione del genitore non biologico negli atti di nascita dei bambini con due padri o due madri, salvo se trattasi di due madri con figlio nato all’estero (diritto negato recentissimamente), la legittimazione dei figli nati da maternità surrogata (questione indubbiamente delicata).
In Italia, per non farci mancare niente, non è stata approvata una legge contro l’omofobia (ricordo la bocciatura del DDL Zan, disegno di legge che prevedeva l’inasprimento delle pene per crimini e discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili), tanto che l’espressione sessuale “non conforme” rischia di subire la prevaricazione violenta senza colpo ferire.
Del Pride ammiro la natura inclusiva: diritti umani per tutti! L’Orgoglio si celebra per sé ma anche per gli altri: il movimento LGBTQIA+ rivendica diritti, libertà legislative, ma anche libertà sociali e culturali. Nel mondo, in 72 paesi, essere omosessuali è un reato. Si scende in piazza anche per loro.
Scordarsi che i diritti, anche quelli conquistati da tempo, non sono mai conquistati per sempre è rischioso, e questo è tanto più vero in questo preciso momento storico in Italia, dove le insidie si abbattono sia sui diritti in attesa di definizione, sia su quelli storicamente acquisiti.
I have a dream: un etero-Pride che, più che rivendicare una parata tutta per sé, si allea con il già esistente Pride. Al grido di “Insieme si fa più Rumore!”, una parata senza precedenti, oltremodo inclusiva, all’insegna di una maggiore visibilità per i diritti mancati, per i diritti non previsti, per i diritti dimenticati, per i diritti attaccati, per i diritti in bilico, per i diritti passibili di cancellazione… proprio qui, in Italia.