Apre al pubblico sabato 17 settembre nelle sale di Villa Zito a Palermo la prima mostra mai dedicata alla pittura di Pietro Consagra.
Curata da Sergio Troisi in collaborazione con l’Archivio Consagra di Milano, è promossa dalla Fondazione Sicilia e presenta oltre 40 dipinti posti a dialogo con alcune sculture così da verificare, nel confronto tra pittura e scultura, quella unicità indivisa dell’ispirazione dell’artista avvertita dalla critica più accorta.
“È un grande onore ospitare la prima mostra mai dedicata alla pittura di Pietro Consagra. Un mostro sacro, siciliano, del Novecento – afferma il presidente della Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – che, attraverso colori, elementi figurali e una fortissima energia espressiva ha costruito il proprio vocabolario. Nel corso di questi anni – prosegue Raffaele Bonsignore – abbiamo messo in dialogo opere di artisti diversi nei tempi, nelle storie, negli stili. È significativo, a proposito, che Consagra negli anni Cinquanta diede il via al ciclo dei Colloqui: sculture che sollecitavano proprio il dialogo tra fruitore e opera d’arte. Precorreva i tempi, insomma. E la sua pittura, un ambito poco esplorato, ha ancora tanto da dire, da rivelare, in questa mostra che siamo felici di accogliere”.
Il percorso espositivo si apre con due Piani appesi in alluminio e prosegue nelle altre sale con i dipinti in cui gli elementi figurali – immagini, le definisce Consagra nei titoli – sono organizzati in sequenze di variazioni quasi musicali (Fondo blu scuro – ventiquattro immagini, Fondo verde acqua – trenta immagini, Fondo violetto – venticinque immagini), simili a caratteri di un alfabeto immaginario o a tarsie mobili, in dialogo con le venature di pietre, marmi, e onici come il Libeccio orizzontale e il Verde cinese.
La mostra indaga per la prima volta in termini compiuti una produzione che attraversa tanta parte dell’arte del Novecento, recependo nel senso costruttivo del colore la lezione di alcuni grandi artisti del Novecento: da Magnelli a Matisse, da Soldati a Calder. Queste suggestioni vengono accolte e rielaborate da Consagra coerentemente con gli assunti storici della sua opera, prima fra tutti la frontalità degli elementi figurali: in accordo personalissimo con la grande tradizione del Novecento, una identità tra struttura, segno e decorazione.
Dagli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, la pittura assunse un ruolo di crescente importanza nell’opera di Pietro Consagra, il grande artista siciliano da sempre artefice di una intensa attività grafica soprattutto in funzione della scultura ma ugualmente dotata di una sua specifica autonomia, Consagra individuò nella pittura, come egli stesso ebbe a scrivere, una diversa componente di libertà e di avventura. Allo stesso tempo, la pittura gli permise di esplorare in altri modi quel sentimento del colore che si era manifestato nella sua ricerca a partire dagli anni Sessanta, prima con i Piani sospesi in faesite e successivamente con i Ferri trasparenti e quindi, dal decennio successivo, con le pietre e i marmi, esposti per la prima volta nella grande antologica allestita a Palazzo dei Normanni nel 1973.
Scultore, pittore, teorico e artefice degli edifici della Città frontale, Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 1920 – Milano, 2005) è stato uno degli artisti più importanti del panorama italiano e internazionale del secondo Novecento. Componente – insieme a Carla Accardi, Antonio Sanfilipo, Mino Guerrini, Piero Dorazio, Achille Perilli, Giulio Turcato – di quel Gruppo Forma che nel 1947 affermò il formalismo e l’astrazione quali elementi di un rinnovato linguaggio moderno, Consagra, dopo i lavori di quegli anni di matrice costruttivista, all’inizio degli anni Cinquanta diede il via al ciclo decennale dei Colloqui: sculture in ferro, bronzo o anche legno dalle superfici e dai profili irregolarmente frastagliati, disposte rigorosamente frontali rispetto allo spettatore in modo da sollecitarne la componente relazionale. Quelle opere scabre e severe, che sancirono l’affermazione internazionale dell’artista con il Gran Premio della Scultura alla Biennale di Venezia del 1960, manifestavano la drammaticità austera del periodo seguito ai drammi della guerra. L’assenza di gerarchia e il principio della frontalità propri del Colloqui saranno ulteriormente rielaborati, dalla fine degli anni Sessanta, nella Città frontale e negli edifici realizzati per la nuova Gibellina, tra cui la grande Stella del Belice e il Meeting, secondo una prospettiva bifrontale che avrà riscontro anche nelle sculture.
*Nella foto in evidenza: Libeccio orizzontale ph. Paolo Vandrasch
Fonte: Press Civita Sicilia