Con questa intervista il nostro Agostino Picicco ci offre la possibilità, attraverso il colloquio lo scienziato di fama internazionale esperto di energia nucleare, di chiarire alcuni dei punti sui quali si impernia il rinnovato interesse per il nucleare pulito rilanciato dalla recente situazione geopolitica che, con la guerra Russia-Ucraina, ha posto in evidenza l’importanza strategica dell’autonomia energetica.
La fragilità del sistema Italia sul fronte dell’approvvigionamento energetico, la scelta di uscire dal nucleare compiuta dal nostro Paese dopo Chernobyl – unico fra i grandi Paesi a chiudere le centrali atomiche – ci ha condannati a dipendere dalle fonti fossili (petrolio, carbone, gas), i principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e dei cambiamenti climatici che il pianeta sta vivendo, senza contare le attuali vicende geopolitiche legate alla guerra in Ucraina.
Ne abbiamo parlato con lo scienziato Saverio Altieri, uno dei massimi esperti in Italia di energia nucleare, docente di Fisica dei reattori presso l’Università di Pavia
Professore, qual è il suo parere sulla rivalutazione del nucleare, insieme all’utilizzo delle fonti rinnovabili, all’interno del percorso di progressivo affrancamento dalle fonti fossili?
«Secondo me il nucleare è un’opzione che non va abbandonata. Anzi, a mio parere, l’Italia ha fatto male a privarsi dell’apporto dell’energia nucleare. La soluzione è riuscire a trovare un punto di equilibrio tra un mix di fonti. Puntare su una sola possibilità è un errore strategico grave che può esporre il Paese a gravi rischi, come stiamo verificando in questo periodo bellico. E’ sbagliato affidarsi unicamente alle rinnovabili (idroelettrico, solare fotovoltaico, bioenergie, eolico e geotermico), al petrolio o al carbone. Serve un mix equilibrato, all’interno del quale il nucleare può dare un gran contributo anche dal punto di vista ambientale, perché è l’unica fonte di energia, insieme alle rinnovabili, che non produce emissioni in atmosfera».
Quale ruolo può avere l’Italia nel nucleare di nuova generazione? Abbiamo ancora le competenze per tornare prossimamente ad investire in questo campo?
«Bisogna essere onesti: siamo messi abbastanza male. Al di là del decommissioning dagli impianti esistenti, la situazione è questa: l’Ispra, che prima lavorava sul nucleare, è stata riconvertita sul green. L’Enea ha cambiato nome tante volte. Quello che sta accadendo è che man mano che vanno in pensione i tanti professionisti di indubbio valore che abbiamo, diventa difficile sostituirli. L’Italia, da questo punto di vista, sta subendo un grande impoverimento. Non dico che non si possa recuperare la formazione dei giovani perché abbiamo delle università di eccellenza, come il Politecnico di Milano e di Torino, dove ci sono ancora studenti che scelgono queste materie. Anche noi a Pavia, nel nostro piccolo, abbiamo un reattore nucleare di ricerca con cui lavoriamo. E’ chiaro però che le prospettive occupazionali che offriamo oggi a questi giovani sono molto limitate. Al punto che la maggior parte di loro va poi all’estero, e di queste competenze si avvantaggiano gli altri Paesi».
Lei ha vissuto personalmente il possibile ritorno al nucleare dell’Italia.
«Si, nel 2008 facevo parte di una commissione deputata alla valutazione dell’impatto ambientale presso il Ministero dell’Ambiente, perché in quel momento sembrava che il Governo volesse rimettere in piedi il nucleare. Poi tutto si è di nuovo fermato a causa dell’incidente di Fukushima. Non sono un nuclearista e sono consapevole che si tratta di scelte politiche».
Quale è il contributo che il nucleare potrebbe dare alla transizione energetica?
«Da fonti internazionali si prevede un aumento del consumo globale di energia pari al 30% entro il 2050. Oggi le rinnovabili stanno andando avanti ed è un bene. Ma chi sta dando un grosso contributo alla prospettiva carbon-free sono l’energia idroelettrica e il nucleare. Negli ultimi 50 anni il nucleare ha contribuito a ridurre le emissioni di Co2 di 55 giga tonnellate, quindi che senso ha dire no al nucleare se può dare un contributo importante nel ridurre le emissioni di Co2 nell’aria?».
C’è da dire che il nostro Paese ha una tradizione di contrasto verso le infrastrutture, basti pensare al gas.
«Certo, basti pensare alle proteste contro i rigassificatori. Così facendo l’Italia si mette alla mercè dei gasdotti della Russia o di altri Paesi, con quello che significa in termini di dipendenza e di costi. Tali scelte strategiche per il futuro del Paese non vanno ostacolate. Dire no a tutto non porta da nessuna parte. Anzi rischia di renderci sempre più fragili. E alla fine a pagare sono i cittadini. L’errore di fondo è di mettere in contrapposizione il nucleare con altre fonti di energia. Non si può dipendere da una sola fonte. Le rinnovabili servono ma non sono sufficienti. Non dimentichiamo che le rinnovabili costano molto».
Di cosa si occupa attualmente?
«A Pavia tengo un corso di Fisica dei reattori. La mia attività di ricerca riguarda l’uso delle radiazioni ionizzanti, ma l’ambito di applicazione è quello medico, partecipando con la mia struttura anche a bandi europei. Stiamo lavorando a una nuova terapia contro i tumori, molto selettiva. Nel giro di un paio d’anni avremo una nuova macchina per trattare anche i tumori diffusi. La mia attività di ricerca specifica è dedicata all’applicazione dei neutroni alla medicina».
Provocatoriamente, professore, ritiene di essere un cervello in fuga?
«Sarei rimasto volentieri a Bari, ma la prospettiva di conoscenza su temi di mio interesse mi ha portato a trasferirmi al Nord. All’inizio è stato doloroso, anche per l’allontanamento dagli affetti. Col senno di poi non so se a Bari mi sarei inserito e avrei fatto quello che ho fatto finora. Sta di fatto che oggi i rapporti, anche scientifici con l’Università di Bari, sono di grande collaborazione».
Una esistenza, quella del professor Saverio Altieri, racchiusa metaforicamente in due medaglie (con una valenza di prestigio, di merito e di … geografia): quella del Rotary Club ricevuta a Molfetta per il diploma nel 1971 quale primo classificato e la JARI Medal, di prestigio internazionale, ricevuta nel 2021 dal “Journal of Applied Radiation and Isotopes” e conferita ad un ricercatore senior che nel corso della sua carriera abbia dato un contributo eccezionale nel campo della Fisica delle Radiazioni Ionizzanti, nel caso del professor Altieri per la sua attività nel campo della Boron Neutron Capture Therapy (BNCT), un’innovativa forma di radioterapia con selettività a livello cellulare.