“Ogni lastra di Vedova, pur riferendosi ai vari momenti della sua storia, e nei limiti di uno spazio ben diverso da quello delle grandi tele e delle ante dei plurimi, racchiude oggi un cosmo complesso d’immagini, divise fra il sentimento della natura, l’impeto delle passioni, l’urto violento della polemica, la ricerca misteriosa delle origini e la scoperta di nuove associazioni formali”, così scriveva Giuseppe Marchiori nel 1975 riguardo alla grafica di Vedova.
La mostra allestita nel polo museale di Monte Vidon Corrado è la prima di una serie dedicata al segno nell’arte del Novecento, aspetto fondante nell’arte di Licini. Il gesto, il segno, sono stati caratteri espressivi attraverso i quali Emilio Vedova (Venezia 1919-2006) ha dialogato con la materia, sul piano pittorico e grafico, con una incessante, rigorosa sperimentazione. L’esposizione verte su una parte poco studiata della produzione di Vedova, la grafica, alla quale l’artista si è dedicato dall’inizio degli anni Sessanta con passione, straordinaria perizia tecnica, con un percorso di ricerca per lui non secondario rispetto a quello della pittura. Curata da Roberto Budassi e Daniela Simoni, la mostra è organizzata dal Comune di Monte Vidon Corrado e dal Centro Studi Osvaldo Licini, in collaborazione con la Stamperia d’Arte Albicocco di Udine e con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova di Venezia.
Il nucleo fondante del percorso espositivo, articolato tra le sale del Centro Studi Osvaldo Licini e gli spazi della Casa Museo, è costituito dalla collezione di incisioni di Corrado Albicocco, storico stampatore di Vedova, che ha collaborato per circa trent’anni con il grande maestro veneziano. “All’inizio, con noi, è stato molto duro e davvero molto esigente, perfezionista al massimo – racconta Albicocco – ci controllava tutto, anche come facevamo i pacchi contenenti le stampe da visionare”.
La mostra comprende circa ottanta pezzi tra opere grafiche, pittoriche –alcune delle quali inedite – libri d’artista, matrici, allestiti secondo un criterio cronologico – il percorso inizia con la litografia Spagna oggi del 1961/62 e termina con Senza titolo, l’ultima acquatinta del 2006 – e tematico. Tra i temi iconografici quello degli Oltre e gli Angeli di Vedova che idealmente dialogano con quelli liciniani. Una tematica che come un fil rouge percorre tutta l’arte del grande maestro dell’informale, è quella dello sguardo critico sulla contemporaneità: “Esiste un filo diretto che lega e connette l’attività grafica di Vedova con il suo essere uomo del proprio tempo, con il suo impegno civile, sociale, morale e politico. Il segno, la scrittura, il testo e la poesia, la denuncia e la protesta passano attraverso il linguaggio scarno e incisivo della grafica – scrive Budassi – non meno che attraverso quello della pittura gestuale da lui esercitata sulle grandi superfici dei Plurimi e delle installazioni”. In mostra il modellino di Chi brucia un libro brucia un uomo della Fondazione Vedova, realizzato nel 1992 a seguito dei tragici eventi della guerra civile in Bosnia.
Nel percorso espositivo la sperimentazione grafica di Vedova dialoga con quella pittorica, evidenziando i richiami tra le due forme espressive ma anche la peculiarità dell’incisione: sulle lastre l’artista lascia attraverso il segno e la bicromia bianco-nero una sorta di diario interiore, in cui la condizione storica e quella esistenziale sono percepite come tensione e conflitto. Albicocco racconta che una volta Vedova gli disse: “Magari riuscissi a fare in pittura quello che riesco a fare con l’acquatinta”.
In catalogo, oltre ai saggi dei curatori, un testo di Fabrizio Gazzarri, assistente di Vedova negli anni dell’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Venezia, suo collaboratore e oggi Direttore archivio e collezione della Fondazione Vedova. La biografia dell’artista è a cura di Marino Capretti.
La mostra sarà aperta fino all’8 gennaio 2023.
*Nella foto in evidenza: Bozzetto per Chi Brucia un Libro Brucia un Uomo – FOTOLITO
Fonte: Centro Studi Osvaldo Licini