Le riflessioni dello scrittore Giuseppe Selvaggi sull’esperienza maturata in un evento nel quale è stato protagonista, la partecipazione al Salone del libro di Torino, visto attraverso una cronaca, che egli stesso definisce semiseria, ma che in realtà è profonda e suggestiva.
Non amo il ricorso all’uso di parole “estere”, capita leggendo di incappare in espressioni che racchiudono un inizio o una conclusione di qualcosa di più grande ed ecco che l’espressione francese ‘tranches de vie’ ‘tracce o pezzi di vita’ mi ha intrigato e ho voluto utilizzarla per un racconto non so neanche io quanto interessante.
Ridurrò il tutto a una cronaca semiseria della presenza e partecipazione al salone internazionale del libro di Torino appena conclusosi. Il treno è da sempre il mezzo di spostamento che ho preferito. I luoghi che devo raggiungere mi aspettano a prescindere dai tempi di percorrenza, i fatti che accadranno non cambiano se utilizzo mezzi più veloci, in fondo c’è il tempo per riflettere. Tra la partenza e l’arrivo c’è tutto il tempo che serve. Torino mi aspetta o meglio io aspetto di arrivare a Torino. Mi piace viaggiare in treno, non lo nascondo, condividi se non viaggi in preistorici accelerati che chiamano regionali veloci, il silenzio con i tuoi vicini di gomito, li vedi catturati da scatolette elettroniche su cui si accaniscono digitando come forsennati, sorridendo o aggrottando la fronte come se gli impulsi elettronici condizionassero i loro muscoli facciali, sembra ignorino che fuori dal finestrino un modo scorre e si lascia ammirare. Una volta al passaggio dei treni bambini e adulti salutavano, oggi è rarissimo, sono anch’essi impegnati in saluti virtuali attraverso internet.
Torino Porta Susa, metropolitana, salone del libro, luogo quest’ultimo dove i grandi nomi sono ricercati e corrono il serio rischio di distorsione del polso per abuso di autografi che qui chiamano “firma copie” e gli altri, noi altri, che speriamo di non passare inosservati. Cerchi e trovi sulla guida il tuo nome e già ti capaciti del fatto che qualche traccia del tuo passaggio è certificata e che non ti sei sognato di esserci ma ci sei. Il mio appuntamento con altri due autori per un incontro/confronto sul “Piacere della scrittura” è alle 16,30, ho il tempo per curiosare e fare acquisti, oltre che scriverli i libri vanno anche acquistati.
Mi fermo, con riguardo prendo in mano alcuni libri, il fruscio delle pagine, il profumo della carta, sentire l’odore d’inchiostro, il piacere di toccare un volume e di sfogliarlo non hanno eguali. Leggere trascende il tempo. Divorare le parole scritte da chi non hai conosciuto ti porta a contatto con centinaia di altri passaggi terreni. Le esperienze di altri diventano le nostre, nutrendoci con l’illusione di vivere vite parallele. Il piacere di arricchire lo spirito è un’eccitazione che ti freme quietamente sotto pelle e della pelle ti apre tutti i pori, a uno a uno dopo il letargo per poter assorbire il più possibile da quelle pagine energia vitale. La pandemia isolante è finita? Ce lo auguriamo. Si rompe il guscio dei giorni tutti uguali e ti sembra di nascere di nuovo. Assaporare il passaggio da un elemento a un altro, sentire un’aria che ti brucia e tuttavia morire dal desiderio di respirarla tutta. Quale migliore antidoto alla routine che ti aveva spento il cervello.
Allo stesso modo di uno scrittore che trova l’ispirazione di parole diverse per raccontare una storia, così cominci a formulare nuovi pensieri a cui attingerò durante l’appuntamento che mi segna sulla carta come protagonista. La presenza a un appuntamento così importante è un capitolo di una nuova avventura che partendo dalla penna si espande attraverso la parola orale, aprire la finestra per far uscire pensieri che cercano aria, spazi e colori. L’appuntamento di quest’anno’ equivale al congedarsi da una sorta di sala d’attesa, le porte si aprono, finalmente smetti di guardare il mondo attraverso il computer. Seppure tutt’intorno ben ordinato hai l’impressione di trovarti in una stanza in disordine, continui a guardarti intorno, pensieri che si accompagnano a parole che assumono nuovi significati mentre percepisci che quello che cerchi lo troverai quando avrai smesso di pensarci. La vita è fatta di luoghi che possiamo percepire come stanze con o senza pareti, dove ritrovare in un ordinato disordine, fatto di fogli e foglie, ricordi di più passaggi e volti della memoria. Ambienti dove cercare spazi di dinamiche interiori da cui scaturiscono pensieri che diventano scrittura, luoghi dove trovare la necessaria condizione mentale capace di interagire con quel mondo delle idee con atto creativo che si rimodula attraverso dimensioni esistenziali e visionarie.
E’ stata la mia seconda presenza al Salone, la prima ben sei anni prima, lasciando quel luogo ‘sacro’ per chi ama i libri il mio desiderio è stato quello di togliermi dal collo quel cartello invisibile su cui era scritto sotto il mio nome “adotta uno scrittore”.