Da giovedì 3 a domenica 6 febbraio, “Avremo ancora l’occasione di ballare insieme”, che vede interpreti e creatori, con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, anche Francesco Alberici, Martina Badiluzzi, Monica Demuru ed Emanuele Valenti, nel ruolo di una coppia in tre differenti momenti della vita.
Dopo Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni, Deflorian e Tagliarini continuano a confrontarsi con l’immaginario cinematografico attingendo, in questa occasione, dall’opera di Federico Fellini. Avremo ancora l’occasione di ballare insieme prende le mosse infatti dal film Ginger e Fred (1986), in cui Marcello Mastroianni e Giulietta Masina interpretano Pippo e Amelia, un’anziana e ormai dimenticata coppia di ballerini di tip tap, che si rincontrano dopo anni per partecipare al siparietto nostalgico di un varietà televisivo: «Non credo che avremo ancora l’occasione di ballare insieme» è la frase che lei dice a lui alla fine del film.
Un saluto malinconico che Deflorian e Tagliarini rovesciano nel titolo di questo nuovo lavoro, nato nei mesi della pandemia, rendendolo quasi lo slogan di un rinnovato desiderio, e occasione di un incontro.
Ginger e Fred è infatti prima di tutto «una ballata dedicata agli artisti e alle artiste, al loro desiderio di essere un altro, alla loro determinazione a giocare per tutta la vita, a cadere ad ogni ciak, a mettere nei dettagli insensati la loro biografia più segreta, al loro smascherarsi intenzionalmente senza intenzione», come detto da Fellini parlando del mestiere dell’attore.
È quindi anche un progetto su Marcello Mastroianni, Giulietta Masina, Fred Astaire e Ginger Rogers. Un lavoro sulla coppia e sul dialogo. Il dialogo come possibilità di procedere insieme, di generare azioni, anche immaginarie.
«Come in Quasi niente – scrive la compagnia – continua la nostra ricerca sul filo rosso che unisce le generazioni.
In scena ci sono, infatti, una coppia di trentenni, una di quarantacinquenni, una di sessantenni, anche se la coppia è una sola, nello scorrere degli anni. Ognuno, ognuna può dialogare anche con quello che è stato e sarà in un altro momento della vita. Avanti e indietro nel tempo, come nei sogni, così importanti per il grande regista, che li ha disegnati fino alla fine dei suoi giorni.
La scena del film che ci ha agganciato è il blackout durante il programma televisivo. Nel film, infatti, appena Amelia e Pippo cominciano a danzare, un blackout fa piombare lo studio in un buio sconcertante. Pippo cerca di convincere Amelia ad andarsene, mentre nell’oscurità tra i due si crea una strana, profonda intimità. “Chissà che cosa può cominciare da questa fuga?” sussurra Mastroianni a Giulietta mentre stanno per abbandonare lo show dove non si sentono rappresentati. E questo buio, questo vuoto, questa sospensione diventano per noi un’occasione di osservare l’altro lato del nostro bisogno forsennato di farci vedere.
Il grande vantaggio per Federico Fellini è stato quello di cogliere la “mutazione antropologica dell’arte” nel momento in cui stava accadendo, mutazione oggi ampiamente metabolizzata e fin troppo interiorizzata dagli artisti: il progressivo identificarsi tra atto creativo e merce. E se per noi la scelta è quella di non ambientare il nostro lavoro in uno studio televisivo è perché, nel frattempo, quella televisione raccontata da Fellini è diventata uno dei tanti ologrammi della comunicazione globale. In un certo senso la televisione è ovunque e in nessun luogo. Anzi, il luogo principale di questa alienazione siamo noi stessi, in gran parte figli della sua lingua e del suo immaginario. Quel residuo di purezza che nei due personaggi felliniani si trasforma in rivolta, sia pure in rivolta impotente e pronta a sciogliersi a contatto con il calore del pubblico, si è volatilizzato in una pratica artistica che non riconosce né un aldilà, né un nemico».
*Foto in evidenza: Avremo ancora l’occasione di ballare insieme – ph Andrea Pizzalis
Fonte: Ufficio Stampa Arena del Sole