La mostra, con oltre 100 opere selezionate, dalle prime tele alcune delle quali mai esposte prima, alle ultime creazioni dell’età matura, in un viaggio poetico racconta per decadi la storia artistica della pittrice.
Apre i battenti sabato 16 ottobre 2021 a Cascina Roma, consolidato polo per l’arte contemporanea alle porte di Milano, la retrospettiva antologica dal titolo “Un ritorno della poesia” che la città di San Donato Milanese dedica a Carola Mazot (Valdagno 1929 – Milano 2016) artista veneta di nascita, milanese di adozione, figura femminile dirompente nelle scelte di vita e di lavoro fin dai primi anni Sessanta, formatasi all’Accademia di Brera sotto la guida di Marino Marini e Giacomo Manzù, frequentatrice del Jamaica, lo storico locale che mise in contatto le molte figure dell’arte e della scrittura.
La mostra, con oltre 100 opere selezionate, dalle prime tele alcune delle quali mai esposte prima, alle ultime creazioni dell’età matura, in un viaggio poetico racconta per decadi la storia artistica iniziata nei primi anni ‘60 e ancor oggi attuale e ricca di energia vitale. Visitabile fino al 14 novembre 2021.
L’esposizione, che ricostruisce ed illustra come l’opera dell’artista si sia sviluppata e modificata nel corso dei decenni, si snoda in un percorso cronologico stilistico partendo dal primo periodo pittorico dell’artista, dove possiamo intuire che per lei la realtà più interessante misteriosa e imperscrutabile rimane l’essere umano e il suo volto, singolo o in coppia. Volto quasi sempre ripreso di tre quarti, celando parte del viso che diviene così inafferrabile in una espressività e interiorità silenziosa e potentissima. Nella decade successiva i “volti” sono arricchiti e circondati da strumenti ad arco. L’artista è visibilmente influenzata dalla frequentazione di ambienti legati alla musica. La sorella è organista e la figlia violinista. Ritrae musicisti dal vero, singoli o in orchestre in un cromatismo tenue e atmosfere incantate. Una parte della mostra è dedicata ai ritratti, parte fondamentale della sua pittura, che Mazot fece a personaggi della cultura e dell’arte. Fra essi anche Virgilio Guidi che dà il nome alla galleria stessa. Procedendo nel percorso si arriva al periodo forse più energetico e vibrante, le opere della fine anni ‘80, ‘90 e 2000 dove ispirandosi ai corpi in movimento degli atleti predomina impeto, slancio e dinamismo.
Le figure impetuose degli atleti si muovono all’interno di una composizione libera, mossa con una splendida essenzialità che guida con audacia tutto l’insieme. A questo proposito scriveva : “Un soggetto che mi affascina e che mi dà più libertà perché il pennello si lancia seguendo spinte irresistibili”. Negli stessi anni si alterna un periodo più informale e gioioso, quello dedicato ai soggetti naturali. Sono anni in cui vive fra Milano e una casa rurale sulle Alpi Lecchesi, fra i boschi che amava. Riporta alberi, radici, fiori, foglie e rami intrecciati fra libertà luce e colore. Dipinti di getto, veloce, sicura senza ripensamenti. Fiori e paesaggi che lasciano immaginare spazi dove il bello della natura è ancora possibile.
Carola Mazot (Valdagno 1929 – Milano 2016) veneta di nascita e milanese di adozione, è una figura femminile dirompente in un’epoca, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, in cui essere artiste donne incontrava non pochi ostacoli dal mondo delle gallerie.
Ancor oggi, malgrado sia maggiore l’attenzione, notiamo che le artiste della sua generazione, non sono molte, ma grazie alla loro tenacia, determinazione e valore artistico oggi possiamo fruire del loro lavoro e ammirarne i risultati.
Mazot inizia lo studio della pittura a tredici anni con il nonno materno, il pittore veneziano post-impressionista Vettore Zanetti Zilla, uno studio che descriverà nei suoi diari: “Le sue lezioni tutti i giorni, lo stare con lui che mi faceva notare di quanti verdi era composta una massa d’alberi, oppure scoprire il barlume di luce che contorna gli oggetti dando un senso al volume, era molto importante”.
Studia successivamente negli studi di Donato Frisia e Lorenzo
Pepe. La sua formazione è legata all’Accademia di Brera durante
gli anni Sessanta, sotto la guida di Giacomo Manzù, Marino Marini e Pompeo Borra.
In anni di grandi fermenti artistici frequenta il Jamaica, storico locale in via Brera, punto d’incontro fra artisti e letterati. Conosce Roberto Crippa, Gianni Dova, Aligi Sassu, Alik Cavaliere, Ernesto Treccani che le fece alcuni ritratti, Giuseppe Migneco, il critico Mario De Micheli e il poeta Franco Loi che scrivono e scriveranno per molto tempo sui suoi lavori.
Sposa lo scultore Guido Di Fidio.
Vive e lavora fra Milano e una casa rurale sulle Alpi Lecchesi fra i boschi che amava, dove approfondisce anche la pittura legata ai soggetti naturali.
Numerose sono le sue opere in collezioni private e presso alcuni musei fra i quali il Museo della Permanente, il GASC Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Milano e Pinacoteca di Ruffano. Sue opere d’arte sacra sono conservate presso le Chiese: San Gregorio Magno, San Luca Evangelista, San Giovanni in Laterano, Milano.
Una collezione di 37 tele è conservata e visionabile presso il suo comune di nascita, Valdagno, in esposizione permanente nelle sedi comunali.
Le sue mostre hanno fatto il giro del modo: Milano, Verona, Venezia, Lugano ma anche Vienna, Parigi, Lione, Varsavia, San Francisco e New York.
Fonte: Comunicazione – Caterina Di Fidio