In un capitolo dell’ultima opera pubblicata postuma nel 2006, dopo la sua morte avvenuta nel 2004, con il titolo “La fine è il mio inizio” Terzani riassume i contenuti di questo libro, nato in seguito all’attentato terroristico di New York dell’11 settembre 2001.
In una lettera pubblicata sul Corriere della Sera pochi giorni dopo, il 16 settembre, con il titolo proposto di “Una buona occasione”, Terzani rifletteva sul dramma del terrorismo distruttivo e sulla reazione che temeva avrebbe espresso l’Occidente, mentre egli si proponeva di analizzare “le ragioni dei terroristi, il dramma del mondo musulmano nel suo confronto con la modernità, il ruolo dell’Islam come ideologia anti-globalizzazione, la necessità da parte dell’Occidente di evitare una guerra di religione con l’indicazione di una possibile via d’uscita: la non violenza”. Era chiaramente un discorso e una riflessione contro corrente che suscitò una reazione verbosa e violenta da parte di Oriana Fallaci che negava non solo le ragioni del nemico ma anche la sua umanità. Oriana Fallaci aveva scelto “la via del rancore dell’astio, del risentimento”, scrive Terzani. Perciò il 4 ottobre si rivolge direttamente a lei, in risposta alla sua lettera del 29 settembre. Lettera da Firenze, a cui seguono una serie di altre lettere dagli avamposti dei paesi additati come responsabili diretti o ritenuti conniventi con il terrorismo; da Peshawar in Pakistan, una città di frontiera a cui Terzani era giunto “per essere più vicino alla guerra, per cercare di vederla con i miei occhi”; da Quetta sulla frontiera afghana, capitale del Baluchistan pakistano, poi da Kabul, non più la gloriosa città del passato ma “un enorme termitaio brulicante di miseria umana”, da Dehli in India, che nonostante tutto “ha ancora una forte e profonda cultura di stampo spirituale” e infine dall’Himalaya, il tetto del mondo dove ci arriva “per cercare di mettere un po’ d’ordine nella mia testa”. Che fare dunque davanti alla insensatezza della guerra? Ognuno di noi può fare qualcosa, tutti insieme possiamo fare migliaia di cose. Per far cessare la guerra, una condizione che è possibile raggiungere solo se si combattono le guerre che sono dentro di noi. Con questo auspicio, che tutti insieme ci si proponga e si riesca a cambiare la prospettiva di violenza e di sopraffazione Terzani augura buon viaggio, sia all’esterno che all’interno di noi, meditando sulla vita e sulla morte, sull’inizio e sulla fine, dall’Orsigna così come aveva fatto qualche tempo prima sulle cime dell’Himalaya. Nel suo ultimo libro “La fine è il mio inizio” Terzani aveva anticipato che “Lettere contro la guerra” erano dedicate al figlio di Folco, suo figlio, con il quale si intratteneva per rivisitare gli avvenimenti più salienti della sua vita, con il desiderio che qualcosa dovesse continuare oltre di lui. Questo qualcosa erano i libri e i figli. E proprio sulle convinzioni riguardo alla guerra egli matura considerazioni diverse rispetto al passato. Non accetta più la definizione di guerra giusta. E’ convinto che non ci sia nessuna guerra giusta perché non raggiunge il fine che si ripromette di conseguire. La guerra quindi non solo è inutile, ma è dannosa perché crea più miseria, più distruzione, più morte. “La vulnerabilità del nostro mondo l’11 settembre ce l’ha dimostrato!” Rispondere alla violenza con altra violenza pari o superiore serve solo a generare una spirale che non riusciremo mai a fermare. L’uomo è una strana creatura – riflette amareggiato Terzani -, la più distruttiva che sia mai comparsa sulla faccia della terra. I suoi progressi sono materiali, non spirituali. Da qualche parte – è il suo auspicio – sorgerà un nuovo profeta che inviterà a buttare le armi in mare e a ricominciare ad amare la terra e il vicino, propugnando un grande movimento per la pace in Europa e nel mondo. Quest’opera di Terzani si configura come una riflessione profonda e rivoluzionaria così attuale proprio di questi tempi quando l’azione militare dell’Occidente ha dimostrato la sua inconsistenza dopo vent’anni di occupazione militare dell’Afghanistan, ritornato in mano ai talebani nel volgere di un battere di ciglia. E’ il momento di riscoprire i suoi pensieri e le sue riflessioni come antidoti per fermare la distruzione del pianeta. “Lettere contro la guerra”, TEA editore, Milano 2002, pp. 177, € 8,00.