Non ho problemi a essere sintonizzato con la gioventù e il giovanilismo che mi spaventa.
Non sono un grande nuotatore, ultimamente quando mi trovo al mare mi limito a eseguire più uno stile rospo che rana. E’ il complesso del pesce che non ha ancora imparato a nuotare, sarà solo una impressione, ma ho la quasi certezza che non sfuggo agli occhi attenti dei vecchietti in spiaggia che osservandomi pensano :“io sono meglio” e aspettano di vedere in quanto tempo si concretizzi la mia capacità di rischiare l’affogamento in pochi centimetri d’acqua.
Qualche tempo fa quando trovavo il tempo per andare in piscina una istruttrice mi disse che da come nuotavo se mi fossi trovato in alto mare probabilmente non ce l’avrei fatta, la guardai stupito e gli chiesi del perché dovevo trovarmi in alto mare, la risposta fu di quelle che non ammettono repliche: “non si può mai sapere”. Lo sconcerto mi prese allora come oggi tutte le volte che mi trovo in una scena da teatro dell’assurdo, la guardai sperando in qualche indulgenza e le risposi: “ vero, ma proprio la mia di nave deve affondare e poi a Milano una nave dove approda?”. Imperterrita la tostissima nuotatrice mi fulminò con uno sguardo e poche ulteriori parole “le capiterà prima o poi di fare una crociera … allora potrebbe dovermi dare ragione”. Quanto racconto di questo scambio di battute c’è sempre chi mi dice “bella metafora, la vita, il rischio, la capacità di nuotare”, io guardo allargando le braccia e non posso che assecondare il cervellotico di turno, come oramai faccio sempre più spesso quando non ho voglia di intraprendere estenuanti discussioni sul nulla.
Via della stazione del mio paese natio, la percorro con noncuranza e senza meta dopo il rito del caffè mattutino a cui inevitabilmente quando mi avvicino alla cassa per pagare con sguardo compiaciuto la cassiera mi indica un avventore e aggiunge “dottò caffè pagato”, mi limito a guardare e ringraziare con una frase fatta “a buon rendere”, esco e non ho capito chi ha pagato, in fondo non sempre c’è una ragione a quello che si fa. Per abitudine non guardo le facce delle persone, non per spocchia ma perché non ho curiosità, perso come sempre nel “nulla pensiero” (è una mia teoria sul pensiero che non produce reddito) cammino e mi impregno dell’aria e dei rumori del mio paese. A un tratto sento una mano sulla mia spalla, non mi scompongo (non può essere un sequestro di persona, non avanza nulla nessuno, quindi?) “Pino, Pino sei tu? da quanto tempo” e poi ancora “è un po’ che non ci vediamo”, alzo lo sguardo e con stupida ironia gli rispondo “dai tempi dell’asilo” , ma non ho ancora capito chi è, senza tregua chi mi ha fermato mi dice con tono che non ammette rifiuti “dai prendiamo un caffè” …. ancora!
Ci sediamo in un bar poco più giù di quello in cui ho fatto collazione e chi non ho ben capito chi sia comincia a raccontarmi di persone, avventure che ci avrebbero accomunato e di “sai che fine a fatto quella tua ex?” quale mi chiedo? e poi capisco che devo arrendermi perché i particolari in possesso del mio interlocutore riuscirebbero a esaurire la memoria del più potente hard disck. Intanto continuo a scuotere la testa e annuire fintamente interessato a ciò che non mi interessa.
Solo quando alla fine il mio “amico ritrovato” mi saluta con uno dei più classici “ora che ci siamo incontrati non perdiamoci di vista” mi accorgo che anche questi incontri se non sai nuotare rischi di affogare. Devo dire a onor del vero che mentre la fonte dei ricordi della mia dimenticata giovinezza si allontanava, mi tornavano alla mente alcuni particolari che mi avevano colpito del mio interlocutore, il look estremamente giovanile, una tintura al crine che al naturale non doveva essere come appariva e qualche ritocchino di chirurgia estetica perché non notavo nessuna rughetta, d’altra parte i ragionamenti ascoltati non presupponevano rughe da espressione dovute a introspezioni esistenziali.
Preso da buonismo e sconfortato dalla mia immagine che si rifletteva in una vetrina di fronte, mi sono detto che in fondo tentiamo tutti, fino alla fine, di fare i giovani, alcuni ci riescono, altri diventano delle penose caricature e altri ancora vorrebbero vivere la propria età, punto e basta.
Non ci sono più le zie in gramaglia scura e che recitano il rosario, nemmeno nonni, anzi i nonni si sono proprio estinti, perché oggi vanno a rimorchiare. Mia nonna mi faceva le torte fatte in casa, oggi quelle della sua età vanno a ballare e si rifanno il seno. Sconquassi generazionali e lotte contro l’età che avanza. Si comincia da giovani, alcune figlie delle mie amiche a 18/20 anni si sono già rifatte qualcosa, i 40enni indossano magliette con su riprodotti pupazzi e super eroi, andando oltre anagraficamente ci sono miei coetanei che inseguono il mito della conquista costi ciò che costi e a molti costa e basta. Ci sono poi quelli come me che pur non allenandosi per le olimpiadi rischiano il coccolone cimentandosi in sport non sempre tranquilli.
Non ho problemi a essere sintonizzato con la gioventù e il giovanilismo che mi spaventa, è una sorta di commedia sociale dove i figli non hanno padri da emulare di contro i padri che sono ancora figli imitano malamente una due e a volte tre generazioni dopo la loro e la commedia non è sempre a lieto fine, anche se solo in parte faccio parte di questa categoria mi sento autorizzato a prendere in giro solo me stesso.