La città di Milano perde uno dei suoi più grandi protagonisti della vita culturale e sociale dell’ultimo ventennio, ma non il tesoro di iniziative traguardare e in corso d’opera che lascia.
Lo scorso 3 ottobre, a solo un giorno dal suo 84esimo compleanno, è venuto a mancare Piero Amos Nannini, personaggio di spicco per il suo impegno nella cultura e nel sociale, presidente dall’ultra secolare Società Umanitaria della quale ha saputo interpretare appieno lo spirito. Nel suo ruolo di presidente, al quale era stato chiamato nel 2005, della storica istituzione sorta nel 1902 per volere e con un lascito di oltre 10.000 lire di allora da Prospero Moisé Loria, Amos Nannini era l’uomo giusto al posto giusto.
Un’istituzione che fin dalla sua nascita si caratterizza per l’assistenza ai più bisognosi non solo con elargizioni di contributi di beneficienza, ma per il costante impegno nella costruzione di opportunità per chi di opportunità nella vita ne ha meno degli altri. Ed ecco che l’istituzione filantropica Umanitaria si attiva in iniziative per aiutare i diseredati a rilevarsi da sé medesimi, procurando loro assistenza, lavoro ed istruzione e più in generale di operare per il migliore sviluppo educativo e socio-culturale in ogni settore della vita individuale e collettiva. Nel 1904, infatti, l’Umanitaria è tra i fondatori della banca di credito cooperativo S.A. Milano.
Il principio che sta alla base del progetto dell’Istituzione è quello legato alla convinzione che il perfezionamento delle abilità professionali abbia una influenza diretta e sensibilissima sulla condizione economica del lavoratore e alla parallela certezza che l’operaio qualificato, provetto, padrone assoluto dell’arte, è raramente insidiato dalla disoccupazione. Per questo l’obiettivo era quello di trasformare la semplice elemosina in fertile assistenza costruttiva.
La Società Umanitaria, all’origine diretta da Luigi Majno e da Luigi Della Torre, dà vita a due quartieri popolari a Milano, istituisce corsi professionali (diurni e serali) di vario tipo, crea scuole d’arti applicate all’industria e l’Università delle Arti Decorative di Monza, poi denominato ISIA. Sono sue opere la nascita di cooperative di lavoro e di consumo agricole, studi e ricerche su ogni aspetto del lavoro (disoccupazione, condizioni sanitarie, uffici di collocamento, alcoolismo, malattie del lavoro, etc), istituzione di numerose uffici di collocamento anche in altre città d’Italia e di una serie di uffici per gli emigranti all’estero sia sul territorio nazionale e sia in altre città europee.
L’opera incessante della Società Umanitaria si protrae fino all’avvento del fascismo che la commissionerà, ma riprende immediatamente dopo la sua caduta. E nella sede di via Daverio, dietro il Tribunale di Milano, ricostruita dopo i danni subiti da un bombardamento durante la seconda Guerra mondiale, la Scuola di Arti e Mestieri è ancora attiva e affianca le numerose iniziative che annualmente si susseguono. Volontariato, solidarietà e tempo libero, rassegne di teatro, musica, cinema, arte e poesia, concorsi e borse di studio, e poi convegni, corsi di aggiornamento, mostre e pubblicazioni di libri.
Dal 2005 Amos Nannini, savonese di nascita, laureato all’Università di Pavia e milanese di adozione per avere sviluppato la sua carriera manageriale alla IBM, assume la presidenza della Società Umanitaria e si pone subito all’attenzione della città per il suo spirito intraprendente.
Suoi sono i progetti “Mentor”, contra la dispersione scolastica, l’implementazione dei servizi di assistenza agli anziani (attraverso la Fondazione Humaniter), l’avvio della Fabbrica del Cinema nell’ex Grande Miniera di Serbariu a Carbonia, la realizzazione della sede romana, il restauro dell’ex convento di Vailate (sede della Fondazione Agraria “Felice Ferri), e, come ricordato al vice sindaco di Milano in rappresentanza dell’Amministrazione comunale milanese durante la cerimonia funebre, che si è svolta nella Chiesa di Sant’Angela Merici a Milano, il suo ultimo progetto ancora in fase di elaborazione: un portinaio per ogni quartiere, ovvero un referente per i bisogni reali delle persone che l’amministrazione deve cominciare a vedere come tali e non solo come cittadini. Una visione umanitaria delle persone che va oltre il mero rapporto di cittadinanza. Ciò che ha caratterizzato la vita di Amos Nannini, al di là della sua funzione pubblica, è stata rimarcata dal figlio che durante la cerimonia funebre ha preso la parola per ringraziare il “babbo”, non il personaggio pubblico, che nel privato era uno uomo animato da sensibilità, cordialità, disponibilità e soprattutto, amore. Le stesse doti umane alle quali hanno fatto riferimento gli altri intervenuti. Una personalità che rimaneva tale tanto nella sfera privata quanto in quella pubblica.
Milano perde Amos Nannini, un uomo libero e di buoni costumi che poneva l’amore avanti a tutto, amore per la famiglia, amore per il lavoro, amore per il prossimo, amore per l’umanità intera, ma il suo spirito, ne siamo certi, non andrà disperso.