23 settembre 2017, Lucca. Verso le ore 21,15, sotto le mura della splendida città toscana, inizia il tanto atteso concerto dei Rolling Stones, l’unica tappa italiana del “No Filter Tour” ospitata all’interno del “Lucca Summer Festival”. I 56 mila spettatori vengono proiettati in un’atmosfera “demoniaca” che accompagna la prima canzone in scaletta, “Sympathy for the Devil”: la macumba che i quattro rocker inglesi eseguono per sfamare il demone del rock and roll e continuare a calcare le scene dopo oltre cinquant’anni di carriera.
Sostenuto dagli accordi del piano, entra in scena prima Mick Jagger, formidabile sia per la tenuta fisica da ragazzino che per un ancora invidiabile capacità canora. Irrompe poi nel ritornello la chitarra di Keith Richards, uno “sbrang” ruvido a livello altissimo che squarcia il cielo di Lucca come un fulmine e scuote il pubblico. Lui, dopo mille peripezie piratesche, c’è ancora e sorride.
La grande apertura del concerto prosegue poi con “It’s Only Rock ‘n’Roll”, una canzone manifesto del rock. Il pubblico entra subito in sintonia con la band e da lì in poi per Mick e soci tutta la serata è in discesa.
I 294 anni dei quattro- Ron Wood è il più giovane con i suoi 70 anni, Charlie Watts il più vecchio a quota 76, Jagger e Richards ne hanno 74 – non vengono nascosti né dal make-up né da trucchi scenici. Da qui la scelta del nome di questo tour, “nessun filtro”. Non tutto è perfetto: Ron Wood è costretto a fare i salti mortali per sostenere l’amico Keith Richards nell’eseguire la partitura per chitarra, qualche attacco e finale di canzone non è impeccabile, ma di fronte a chi ha fatto la storia del rock sono peccati facilmente perdonabili.
A maggior ragione perché la band sembra molto rilassata e felice di esibirsi in Toscana. Mick in più occasioni sfoggia un ottimo italiano. “Ciao Lucca, ciao Toscana, è la nostra prima volta qui” dice il cantante, storpiando però il nome della città in “Luca”. E poi ancora: “Ho mangiato un buonissimo gelato sul Ponte Vecchio con la May”. Chissà se nell’incontro Mick avesse parlato della Brexit, al centro di “England Lost”, una delle due splendide ultime canzoni impegnate pubblicate da solista.
La scaletta del concerto è formidabile e comprende i più grandi successi della band che incantano un pubblico costituito da persone di ogni età. La canzone votata dal pubblico italiano, tra cui non figura Puccini come sottolineato dal frontman, è l’animata “Let’s spend the night together”.
Con “You can’t always get what you want” parte la fase centrale del concerto, che include anche “Tumbling dice” e i due brani blues “Just your fool” e “Ride ’em on down”, contenute nell’album di cover dell’anno scorso “Blue & Lonesome”.
Arriva poco dopo una chicca: Mick dice in italiano di sentirsi “un po’ romantico” e attacca “Con le mie lacrime”, versione italiana della canzone degli anni Sessanta “As tears go by”: momento bello ma non memorabile dal punto di vista dell’esecuzione.
Parte poi “Paint it black” e una strepitosa “Honky tonk women”. Segue la parte in cui Richards ruba la scena a Mick per farlo rifiatare. Dicendo “Alla faccia di chi vuole mano” e felice come un bambino nei paesi dei balocchi, Keith canta prima “Happy”, in una versione un po’ caotica, seguita da “Slipping away”.
Risale Jagger sul palco e viene eseguita una trascinante “Miss you” in cui anche il bassista Darryl Jones e il sassofonista Karl Denson possono mettere in mostra tutta la loro bravura.
Si arriva così velocemente al clou del concerto. Una sequenza di brani rock storici: da “Street fightin’ man” – al cui termine Jagger chiede in inglese se sta andando tutto bene e chiosa con un “che cazzo!” – alla travolgente “Sart me up” per arrivare poi alle due perle “Brown sugar” e “Satisfaction”, vera canzone manifesto dalla band inglese.
Il concerto si chiude sulle note di un’emozionante “Gimme shelter” in cui Jagger duetta con la bella e brava Sacha Allen, cantante e corista, e con “Jumping jack flash” che accompagna lo spettacolo pirotecnico finale.
Mick Jagger, in forma strepitosa, ha dimostrato ancora una volta di essere uno dei più grandi frontman di tutti i tempi e, tra quelli viventi, di essere all’altezza, per grinta ed energia, del più giovane Bruce Springsteen, classe 1949.
Una nota conclusiva va fatta sull’organizzazione del concerto, che ha generato in questi giorni una girandola di polemiche. Al di là del futile campanilismo – a Pisa si sono divertiti per le critiche rivolte agli organizzatori del concerto (invidia?) – e di sterili lamentele, ci sono però degli aspetti oggettivi evidenti a tutti i presenti. 56 mila persone su quel prato sotto le mura lucchesi erano davvero troppe. La location non presentava neppure una superficie piana, con diversi avvallamenti e la presenza di un canale. Inoltre migliaia di persone del prato B non potevano seguire il concerto nemmeno guardando i giganteschi maxi schermi. Molti spettatori sono stati così costretti a seguire il live dalla strada laterale, via di fuga degli spettatori del prato in caso di emergenza. Il deflusso poi a fine concerto è stato completamente guidato dal caso (si veda la foto qui accanto in cui un’ambulanza cerca di avanzare attraverso la folla). Per fortuna tutto si è svolto nei migliori dei modi, ma rimane il dubbio che, in caso di qualsiasi piccolo imprevisto, la serata sarebbe potuta divenire problematica sul piano gestionale e della sicurezza.
Le foto sono di Nicola Iacovino