Raccogliendo varie riflessioni proprie della saga presidenziale americana, il Gen. CA (r) Roberto Bernardini ha riassunto alcune considerazioni sull’enfasi eccessiva data alle origini asiatico giamaicane della Harris e alla sua origine da immigrati.
America forever! Certo che di cambiamenti ce ne sono stati e ce ne saranno. Gli Stati Uniti ci stanno abituando alle nuove realtà che caratterizzano sempre di più la società americana, mai ferma, nel bene e nel male, e sempre di più in continua evoluzione/involuzione a seconda dei punti di vista.
L’ultima novità? L’elezione di Kamala Harris a Vicepresidente degli Stati Uniti.
È la prima donna americana a diventare Vicepresidente. Poi se si vuole dire altro rifacendosi ai luoghi comuni che stanno comunque scomparendo, è la prima nera (si può ancora dire?) e la prima asiatico-americana (che termini ci dobbiamo inventare!) Vicepresidente nella storia degli Stati Uniti d’America. Vede i natali in California il 20 ottobre del 1964 in un ambiente stimolante, uno degli stati meno tradizionalisti degli USA, il padre è della Giamaica e la madre viene dall’India. Vicepresidente!
Prima di lei solo Hillary Clinton aveva tentato di scalare la Casa Bianca senza riuscirci perché sconfitta da The Donald Trump.
Quello che ha meravigliato un po’ tutti coloro che conoscono l’America e seguono i fatti americani per lavoro o per diletto è stato lo tsunami di luoghi comuni e di becera retorica che è esondato su televisioni, giornali e social media e che ha posto in eccessiva evidenza la sua biografia: in particolare le sue origini etniche, come se fossero la cosa più importante.
E questo è avvenuto con particolare intensità nella nostra vecchia Europa dove gli stereotipi sono sempre difficili da estirpare. Nel vecchio continente, che si atteggia a progressista, i termini “persona di colore”, “nero” e “immigrato” sono ancora legati a “povero e diseredato” se non a “senza cultura” destinato solo ai lavori ed alle mansioni sociali più umili.
Qualcuno ha talmente enfatizzato la sua elezione sotto questo punto di vista da farla apparire come uno sconvolgente evento di tipo miracolistico.
Niente di tutto questo. In America non è così. Certo ci sono sacche di povertà che riguardano in maggior misura immigrati e persone di colore, ma l’ascensore sociale negli USA funziona abbastanza, meglio che in Europa, ed ha consentito negli anni anche a queste categorie di cittadini di raggiungere posizioni di assoluto rilievo.
La Harris poi non è figlia di poveri immigrati. La sua realtà familiare è riconducibile nell’ambito dell’alta borghesia americana, dove le origini sono state oramai cancellate. La stampa riporta il padre come professore all’università di Stanford e la madre come medico oncologo di grande fama non solo a livello nazionale. Kamala ha quindi potuto tranquillamente frequentare prestigiosi istituti e università senza dover fare la lavapiatti nel tempo libero per pagarsi gli studi.
Questo non significa certo che il problema razziale negli Stati Uniti si sia risolto e per tutti. Tutt’altro, è ancora purtroppo uno dei principali problemi della società americana. I fatti della cronaca nera che ogni tanto riportano alla ribalta il latente razzismo non cancellano però l’evidenza che la popolazione non bianca abbia dato vita, almeno dagli anni ’60 del secolo scorso, ad una borghesia principalmente legata alle alte professioni, grazie allo studio individuale, alla personale determinazione dei singoli, senza scorciatoie. Hanno costruito il loro fulgido presente senza poter contare sul sostegno delle famiglie. Quasi tutti. E il quasi lo possiamo a proposito riferire sia all’ex Presidente Obama sia alla Harris. Loro hanno potuto contare sul solido sostegno economico e culturale delle famiglie alla stessa stregua di tanti altri ragazzi americani bianchi di successo. Ed allora enfatizzare le origini e il colore della pelle per accrescere il significato della sua vittoria non è appropriato.
Queste considerazioni portano anche a fare raffronti con la nostra Europa. Ma qui le differenze sono notevoli. La quasi totalità dei cittadini americani di lontana origine, per esempio, africana, non sono certo catalogabili come immigrati. Essi sono americani già da alcuni secoli. Gli immigrati cosiddetti di colore non sono diseredati alla ricerca di mezzi di sopravvivenza ma persone che sono negli USA per motivi di formazione superiore o semplicemente di studi o per sviluppare una già tracciata carriera professionale. La fascia dei lavori più umili è oggi in mano ad altri: messicani soprattutto e provenienti dal centro america.
Per cui, pur ammettendo che una donna vicepresidente non bianca alla White House rappresenti tutto sommato una ghiotta notizia, la vera notizia è che si tratta di una donna e non il colore della sua pelle.
E ancora più importante è l’osservare un altro fatto in questi giorni spesso ricordato: Kamala potrebbe anche subentrare all’anziano neo Presidente Biden per vari motivi, dando vita a una Presidenza dello Stato più potente del mondo in mano ad una donna.
Hillary Clinton “frigge”!