Biennale del Cinema 2020 – 77^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: proiezione del corto di Adriano Valerio “Les aigles de Carthage”.
Sarà “Les aigles de Carthage” di Adriano Valerio il corto di apertura della 35. Settimana Internazionale della Critica, nella sezione SIC@SIC Short Italian Cinema, nata da una sinergia tra il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e Istituto Luce-Cinecittà, nell’ambito della 77esima edizione della mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Mercoledì 2 settembre alle ore 14:00 in Sala Perla (Lido di Venezia) per stampa e industry e giovedì 3 settembre per il pubblico verrà infatti proiettato in prima mondiale il nuovo lavoro del regista, presente per la quarta volta al festival dopo “Banat – il viaggio” (2015), “Agosto” (2016) e “Mon amour mon ami” (2017).
Come di consueto per ogni sua opera, Valerio esplora nuovi contesti territoriali e latitudini geografiche: per “Les aigles de Carthage” (titolo internazionale “The Eagles Of Carthage”), mosso anche dalla sua grande passione per il calcio, si è ispirato alla storica partita del 14 Febbraio 2004 allo Stadio Olympico di Radès, che ha portato la Tunisia a vincere la prestigiosa Coppa d’Africa, battendo per 2 a 1 il Marocco. Lo spunto, argomentato da testimonianze e filmati d’epoca, è l’occasione per far rivivere emotivamente un evento che, in epoca di dittatura, riuscì a riunire un grande popolo sotto una comune identità nazionale.
“Una serie casuale di eventi – afferma il regista – mi ha portato a scoprire questa partita del 2004, tra Tunisia e Marocco, in cui Le Aquile di Cartagine sfidavano i Leoni dell’Atlas per la conquista della Coppa d’Africa. La Tunisia non solo non l’aveva mai vinta, ma veniva da disfatte umilianti, ed aveva un dittatore (Ben Ali) pronto a sfruttare l’eventuale vittoria come un trionfo personale che avrebbe potuto alimentare ulteriormente il culto della propria persona e del proprio regime. Quello tunisino è un popolo calorosissimo, appassionato di calcio e, a detta di alcuni storici, proprio i festeggiamenti del 2004 hanno avuto un ruolo chiave nel creare la coesione sociale germogliata fino alla rivoluzione del 2011. Ho deciso di raccontare questa partita declinandola attraverso le parole di diversi personaggi che, a distanza di quindici anni, ne rivivono il ricordo in una chiave multipla: intima, sportiva e politica”.
Valerio rivolge il proprio sguardo introspettivo sul forte legame che il calcio riesce a creare, avvicinando intere comunità e diverse generazioni in quella che Pasolini definiva ‘l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo’. “Il film – continua il regista – prova a fare coesistere tutti gli aspetti della sfida calcistica: la tensione agonistica, gli elementi tecnici e tattici, ma soprattutto la partita come evento e come fenomeno di partecipazione emotiva di un intero popolo.
Il corto, una produzione Full Dawa Films in co-produzione con Sayonara Film, APA, French Lab Agency, Les Cigognes Films e distribuito in Italia da Elenfant Distribution, sarà replicato Venerdi 4 settembre alle ore 19.30 al Cinema Astra del Lido di Venezia. La visione dei film sarà soggetta a prenotazione: l’acquisto dei biglietti sarà esclusivamente on line al sito:
https://www.labiennale.org/it/cinema/2020/informazioni).
Note di regia – Da bambino, come molti coetanei, passavo giornate intere a giocare a pallone nel cortile del mio palazzo, in provincia di Milano. La mia passione per questo sport proseguiva nelle vesti di tifoso, sfegatato, dell’Inter. Negli anni mi sono reso conto che spesso il calcio (giocato o discusso) mi ha permesso di abbattere delle barriere nelle relazioni interpersonali, che fosse nella mia vita quotidiana o nel corso dei tanti viaggi che, per passione o per lavoro, mi hanno portato in diversi Paesi del mondo. Ho incontrato persone giocando a calcio sulla Piazza Meskel, ad Addis Abeba, sui campi de Zambia e Burundi e persino sull’unico campo di Tristan da Cunha, in netta pendenza e dove vince sempre chi gioca in discesa. Ho vissuto l’esperienza straordinaria di vedere il Boca segnare nella Bombonera di Buenos Aires, ed, esultando, spaventarmi sentendo gli spalti tremare al boato dei tifosi. In tale ambito calcistico, la Coppa d’Africa è una competizione che mi ha sempre particolarmente affascinato. L’ho seguita soprattutto nelle mie due città di adozione, Palermo e Parigi: nell’Oratorio di Santa Chiara, a Ballarò, dove tutta la comunità dell’Africa Centrale si ritrova per guardare le partite su un grande schermo all’aperto; e nei bar del Boulevard de Belleville, con la comunità nordafricana. Ho sentito quell’adrenalina dei tifosi, che provo ogni volta in cui gioca la mia squadra. Ma ho percepito anche qualcosa di più forte e profondo: non il semplice senso di appartenenza che i tifosi provano nel guardare la propria squadra nazionale giocare la Coppa del Mondo, ma piuttosto, e soprattutto nel caso di certi tifosi e certi Paesi, una voglia di riscatto attraverso il calcio: la voglia di dirsi che si è all’altezza degli altri, che il proprio popolo può essere – almeno in quel contesto – il vincitore.
Come asserisce Eduardo Galeano, infatti, “Il calcio rappresenta un’utopia, un riscatto sociale, un’opposizione al potere (…) perché anche se il Potere cerca sempre di manipolarlo, continua ad essere l’arte dell’imprevisto”.
Il calcio è comprensibilmente odiato da molti perché si tratta di un sistema con un immenso indotto economico, che soffoca altri sport e soprattutto molti temi di attualità. Chi non ama il calcio percepisce la passione per questo sport sostanzialmente come una forma di demenza collettiva. Io, al contrario, faccio parte dell’enorme comunità che ama questo gioco, e forse addirittura di una setta più ridotta che ne è ossessionata, nel senso che il calcio mi affascina in tutti i suoi aspetti: come tattica, occupazione degli spazi, valorizzazione del singolo attraverso il collettivo e del collettivo attraverso gli individui. Mi entusiasmano i virtuosismi dei giocatori di talento, del presente e del passato. Mi affascina il rito sportivo, ad ogni livello – anche amatoriale.
Il rumore dei tacchetti negli spogliatoi, i dettagli del pre-partita.
In tale contesto, mi ha molto appassionato poter sentire la colonna sonora del campo, nelle partite giocate a porte chiuse. Mi piace la letteratura sportiva, specialmente quella sudamericana. Ma amo il calcio anche come fenomeno sociale e come rito, in questo caso, popolare.
Il film prova a fare coesistere tutti questi aspetti.
Il regista – Laureato in legge all’Università di Milano, Adriano Valerio vive e lavora a Parigi. È docente di Regia e Analisi del Film all’International Film School of Paris ed ha insegnato regia in Libano (Académie Libanaise des Beaux Arts di Beirut), Marocco (Istituto Marangoni) e Burundi.
Il suo cortometraggio “37°4S” ha vinto il David di Donatello (2014) e il Premio Speciale Nastro d’Argento (2014), e ricevuto una Menzione Speciale al Festival di Cannes (2013). Il cortometraggio “Mon Amour Mon Ami“ è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia (Orizzonti, 2017) ed al Toronto International Film Festival (2017) ed ha vinto l’Amnesty Award (Parigi, 2018) e il premio Bridging the Borders (Palm Springs, 2018). Il suo primo lungometraggio “Banat – il viaggio“, è stato presentato alla Settimana della Critica, al Festival di Venezia (2015), nominato ai David di Donatello e ai Globi d’oro come Miglior Opera Prima ed ai Nastri d’Argento per il Miglior Soggetto Originale ed è stato selezionato in più di 70 Festival Internazionali, ricevendo diversi riconoscimenti tra cui il Premio Corso Salani. Ha diretto due episodi della serie tv “Non Uccidere 2“, prodotta da Freemantle e RAI Fiction.
“Les aigles de Carthage“ è il nuovo capitolo della ricerca personale del regista che lo ha visto sviluppare, nel corso della sua carriera, molteplici soggetti e latitudini territoriali per raccontare, in varie lingue, storie differenti, passando dalla ficton al documentario, in forma breve, lunga o anche seriale. Numerosi i Paesi in cui Valerio ha girato i suoi lavori: tra questi, Italia e Francia (dove vive), ma anche Sud Atlantico, Romania, Grecia, Macedonia, Bulgaria e Tunisia. Attualmente sta terminando le riprese di un progetto in Cina.
“Mi piace usare il cinema – dichiara lui stesso – in maniera quasi programmatica, come uno strumento per conoscere nuovi luoghi e nuove culture, anche a costo di essere talvolta dispersivo rispetto ai canoni di una carriera più strutturata e lineare. È la mia quarta volta a Venezia e tornare alla Mostra è sempre un po’ come fare un punto. Trovare un pubblico attento a cui racconti cosa hai fatto nell’anno o negli anni trascorsi. Dove ti ha portato la tua vita… “.
Fonte: Ufficio stampa LES AIGLES DE CARTHAGE: Elisabetta Castiglioni