Giuseppe Garibaldi: generale, condottiero, dittatore, combattente, radicale, anticlericale, massone. Eroe dei Mondi, noto, rispettato e ricordato al di qua e al di là dell’oceano. Un uomo che ha vissuto intensamente e che ha posto l’intera sua vita al servizio delle genti anelanti la libertà, assurgendo a simbolo di liberatore dei popoli oppressi.
Su di i lui si è appuntata l’attenzione di molti studiosi. Qualcuno lo ha osannato, qualcun altro ha ritenuto di imputargli colpe piuttosto pesanti (non ultima quella di avere unificato l’Italia), altri ancora lo hanno identificato quale strumento della potenza economica britannica per conto della quale avrebbe operato nei vari teatri di guerra che lo hanno visto protagonista. I più lo accettano come la storiografia risorgimentale lo propone, ovvero come eroe nazionale, simbolo esso stesso dell’Unità d’Italia. Un eroe che, finito il suo compito e conscio dell’età, decise di ritirarsi a Caprera lasciando il campo libero agli statisti che avrebbero costruito, bene o male a seconda dei punti di vista, l’Italia unita.
Pensare di aggiungere qualcosa di originale alla sua storia è fuori discussione. Tutto di lui è stato detto e scritto. Tutto, o quasi.
Capita spesso che di un personaggio storico si conosca solo il lato pubblico e non quello privato che, in questo caso, è stato ben esplorato anch’esso.
Allora cosa si può aggiungere su un personaggio di cui si conoscono tutti gli aspetti? Di nuovo assolutamente nulla, ma ce n’è uno che seppure ben noto agli storici è quasi del tutto sconosciuto al grande pubblico. Stiamo parlando di Garibaldi animalista.
Già, perché la sensibilità di quest’uomo, in un periodo in cui sicuramente non esisteva una coscienza animalista come nei nostri ultimi tempi, lo portò a promuovere la fondazione della prima società di protezione animali.
Era il 1 aprile 1871 quando il nostro eroe scriveva da Caprera al suo medico personale, Timoteo Riboldi, chiedendogli di predisporre, a Torino, tutti gli atti necessari alla fondazione di una “Società Protettrice degli Animali”, alla cui presidenza suggeriva la nobildonna irlandese Anna Winter.
Il medico, qualche settimana dopo, nel presentare il progetto di questa nuova associazione, ebbe a dire: “La nostra società non si occuperà mai di politica né di religione, ma solo di proteggere gli animali contro i maltrattamenti, come mezzo di educazione morale e di miti costumi”. Inoltre, si raccomandava che i soci portassero “un distintivo per farsi conoscere e rispettare dai conduttori genti municipali e dalla forza pubblica, onde aver diritto di ammonire i trasgressori e mano forte contro di essi a denunziare alle rispettive autorità i trasgressori punibili con: multe, sequestri dei veicoli, arresto personale”.
Lo statuto della società che ebbe la sua prima sede al primo piano di via Accademia Albertina n. 29 a Torino, fu stampato dalla tipografia torinese Vincenzo Bona oltre che in italiano anche in inglese, francese e tedesco, e distingueva i soci in effettivi, benemeriti e onorari. Nel 1938 la società fu nazionalizzata, la sua sede trasferita a Roma e cambiò denominazione in Società Reale di Protezione degli Animali, che sarebbe poi divenuta ENPA. Nel 1954 l’Ente Nazionale Protezione Animali venne trasformata in ente pubblico e nel 1979 in ente morale.
Una realtà che oggi tutti noi conosciamo bene, ma della cui origine pochi hanno cognizione.
Tutto ciò sembra stridere con la mitologia del personaggio, soprattutto quando si ricorda che era stato un appassionato cacciatore, ma il cambiamento avvenuto in lui con l’isolamento nel quale si era confinato a Caprera, il suo vivere a diretto contatto con la natura, il suo progressivo rifiuto di cibarsi di animali, gettano su Garibaldi una luce diversa da quella con la quale siamo abituati a vedercelo raffigurare. Nota è la sofferenza alla quale andò incontro per la morte della sua cavalla Marsala, regalo degli amici siciliani, per la quale fece costruire una lapide con tanto di epitaffio. Certa è anche la sua convinzione, maturata nel corso degli anni che in totale solitudine dedicò agli studi, che anche gli animali e le piante avessero un’anima cui non si dovesse nuocere.
Garibaldi animalista e vegetariano. Chi l’avrebbe mai detto?
Del Garibaldi pacifista, il cui aspetto è stato studiato ed è oggetto di approfondimento da parte di valenti studiosi anche internazionali, ne parleremo magari un’altra volta.
Per adesso ci basti sapere che il nostro eroe, oltre a tutto quello per il quale lo conosciamo già, è stato anche il precursore di quel movimento che se oggi conduce battaglie epiche per la salvaguardia del benessere degli animali è anche grazie alla sua sensibilità e lungimiranza.
Foto in evidenza: Giuseppe Garibaldi con la sua cavalla Marsala.