Bike lane sì, motor bike lane NO: aumentare uso della bicicletta, non mortalità sulle strade. Le corsie restino dedicate ai ciclisti.
Gli effetti del coronavirus, come è ormai assodato, incidono, e incideranno sempre più nel futuro, su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. I cambiamenti nelle nostre abitudini saranno epocali. Insomma, ci dicono gli esperti, quando la pandemia sarà definitivamente debellata, il mondo sarà diverso.
Non fa eccezione, anzi sicuramente sarà tra i primi che vedrà un radicale cambiamento, il settore dei trasporti, sia privati che pubblici. Gli scenari sono tanti, e molto dipenderà anche da scelte economiche ed ideologiche, più che di effettiva necessità e opportunità.
Il problema si era già posto ben prima della pandemia, ma i forti interessi economici che stavano alla base delle scelte di mobilità, avevano rallentato quel confronto alla pari che, per quelli che prestano una particolare attenzione all’ambiente, era fortemente sbilanciato a favore dei potentati industriali ed economici. Potentati sovranazionali che facevano, e ancora spesso fanno, orecchie da mercante sui danni all’ecosistema dovuto all’inquinamento prodotto da quegli impianti industriali che ancora reggono il loro sistema produttivo sul carbone ed il petrolio.
Per il momento, in piena emergenza coronavirus, si sta cercando di tamponare la situazione del trasporto pubblico con sistemi di contingentamento dei viaggiatori imposti dalle regole del distanziamento sociale, unico rimedio alla diffusione del virus. Ma quando tutto questo sarà passato, sarà inevitabile ripensare il sistema di trasporto pubblico conciliando l’esigenza di mobilità con quella della tutela ambientale. Le misure pre-crisi pandemica erano forse un pò troppo blande. Un certo cambiamento verso l’ecologismo nel sentire comune aveva stimolato le aziende produttrici di automobili ad orientare la loro produzione verso l’ibrido, se non verso l’elettrico puro ma, adesso, è giunto il momento di dare un’accelerazione a questo processo.
Se qualcosa abbiamo imparato dalla lezione che la natura ci ha impartito è che le decisioni per il bene delle persone, dei popoli, e dell’intera umanità, vanno discusse confrontato idee e proposte, alle quali devono seguire decisioni rapide e attuazioni effettive. Finora abbiamo parlato, dibattuto, a volte urlato, ma la concretezza è rimasta un pò indietro. Da adesso in poi bisognerà discutere, confrontarsi (magari senza urlare) e poi, a breve, agire.
Prepariamo il futuro quindi, ma cominciamo da subito, non da poi…
La Ministra alle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli ha annunciato un bonus che, dalle 200 € iniziali, è passato fino ad un massimo di 500€ (calcolato per soglie di reddito), per l’acquisto di biciclette, e fondi per incentivare i Comuni a realizzare piste ciclabili anche temporanee in vista della fine definitiva del lock down e la ripresa a pieno ritmo della vita lavorativa. Un bel segnale nella lotta all’inquinamento prodotto dai mezzi a motore. Peccato che suggeriva l’uso delle piste ciclabili anche ai veicoli a due o tre ruote a motore. E qui si sono sollevate le critiche che, a dire il vero, hanno suonato come una vera e propria alzata di scudi.
“È pericolosa e mortale per la mobilità ciclistica la proposta annunciata dalla Ministra De Micheli di introdurre nel Codice della Strada la definizione di bike lane, ovvero una corsia con destinazione prioritaria alla circolazione dei velocipedi nella quale è consentita la circolazione anche dei veicoli a motore con numero totale di ruote non superiore a tre, come ad esempio i ciclomotori, i motocicli ed i tricicli. – hanno scritto in un comunicato una vera e propria selva di associazioni (si contano oltre una trentina di firme) – In questo modo non si promuove la mobilità in bicicletta, così necessaria alle nostre città in tempi di fase due e di ripartenza. Si mette invece a rischio la vita dei ciclisti che già non sono tutelati; basti pensare che a piedi e in bicicletta muoiono 800 persone ogni anno, oltre il 20% dei morti sulle strade italiane.
Servono subito corsie ciclabili d’emergenza riservate e sicure. È verso queste soluzioni che va adeguato il Codice della Strada. Rendere le ciclabili promiscue con il traffico motorizzato a due/tre ruote come vuole la Ministra dei Trasporti è l’esatto opposto.
Per questo chiediamo alla Ministra De Micheli di rinunciare ad imporre la coesistenza tra biciclette e motorini nelle corsie dedicate: i ciclisti hanno bisogno di percorsi sicuri, e non di subire l’ennesima aggressione dal traffico motorizzato, o non convinceremo mai le persone a salire in sella”.
E, a quanto pare, l’ovvietà dell’obiezione non è passata inosservata e la Ministra ha fatto un passo indietro dichiarando in un’intervista ad un quotidiano nazionale che sulle piste ciclabili ” … potranno circolare solo due ruote non a motore”.
Ci sembra che la “levata di scudi” delle associazioni ambientaliste questa volta abbia ottenuto un risultato positivo immediato. Se questo è il metodo, allora andiamo avanti così. E al prossimo scivolone di qualche governante che si propone di attuare un provvedimento illogico, torniamo ad “alzare gli scudi” facendo sentire la nostra voce. La resistenza passiva al sistema, o peggio ancora la rassegnazione, non può funzionare per cambiarlo. E noi questo sistema dobbiamo cambiarlo.