Accompagnata da un movimento ondulatorio della testa, occhi che si socchiudono, labbra che contraendosi pronunciano un capolavoro di rassegnato fatalismo rinunciatario: “mondo era e mondo sarà”. Ingiustizie, preferenze, insuccessi mal digeriti, le cause del non risultato per questi lamentosi sono sempre gli altri, le ragioni addotte appaiono per lo più attinte da una catalogo di patetiche giustificazioni quali: traffici facilitativi a favore dei “soliti” che ottengono qualcosa che a se stessi e per ragioni di soggettiva ingiustizia lasciano l’amaro in bocca unitamente a un senso di impotenza per un fato avverso che ha un nome e cognome non pronunciabile e che nei discorsi si fa intuire e poi ancora aggregazioni di interessi che è meglio non nominare, tanto lo sanno tutti, e poi sapete alle volte e non si sa mai il vento può cambiare.
Nell’attesa che tutto cambi, a tanti sfugge di ripetere con convinta rassegnazione che alla fine il mondo sarà sempre così come è sempre stato, non vogliono rendersi conto che così si contribuisce a far in modo che l’oggetto della predizione s’avveri. Chi si auto convince o meglio chi preferisce non impegnarsi per il cambiamento adotta come regola di comportamento il principio secondo il quale il mondo va sempre così e “non saremo noi a cambiarlo” . Nella quotidianità c’è chi ha l’irremovibile convinzione che il mondo sia di chi sgomita e la frenesia appare essere la legge dominante.
Rinunciatari, trovano conforto nella lamentela e nella formula autoassolvente de «l’avevo detto», realismo o ignavia? Troppo facile guardare agli altri e tirarsene fuori, allora senza strafare e quasi per gioco provare ad analizzare la propria percezione di vita; a chi può interessare? A conti fatti ad almeno due persone, a chi scrive questa riflessione allo stesso quando và a rileggerla.
Con il trascorrere del tempo capisci che là dove non sei riuscito è stato spesso a causa che neanche ci hai provato, è un pò come chi afferma “non vinco mai” e poi si scopre che non acquista neanche un gratta e vinci. La vita doveva andare così? Ci sono successi che non passano per la mediazione e sconfitte coltivate per praticata pigrizia che giustifichiamo come destino. Lasciamo da parte il sistema, chi sgomita, chi ha tanto denaro, poi e non essendo né arrogante né ricco accorgersi che siamo in grado di cadere e rialzarci e questo non è da tutti.
La ricetta non è mutuabile, la dignità e il sorriso sono parte di un patrimonio che è la vera eredità che riceviamo da chi ci ha preceduto, conservare insegnamenti positivi e trasmetterli, diventare una sorta di virus contaminativo che possa attaccare storture della modernità e diventare al tempo stesso antidoto ai veleni di un mondo che corre seguendo i miti del facile denaro e del tutto è dovuto subito e presto. Come rispondere a chi dovesse chiederci di mostrare i documenti comprovanti che si è realmente vissuto e non sotto traccia.
Non facile, aprirei la finestra del mio studio, inviterei il mio indagatore a guardare fuori, poi gli chiederei di mettere in una sacca tutto ciò che vorrebbe essere suo. Immagino un sorriso compassionevole seguito da una più che prevedibile constatazione che in quella sacca non ci entra nulla. Tutto qui? certo che no! chi mi ha preceduto è ripartito così come era arrivato, senza bagaglio o meglio con una bagaglio leggero fatto di quotidianità improntate a dare ancora prima che ricevere.
Alla fine, caro interrogatore, non è una giustificazione, credo di poter affermare non senza qualche sorrisetto di compiacimento che dovremmo usare solo quello che ci serve e non cercare di possedere ciò che non basterebbe una vita per goderne, vivere non per accumulare e alla fine poter dire: “ho vissuto naufragi, percorso strade impervie, scalato montagne, volato senza ali e…. ho fatto quello che potevo perché altro non volevo fare”.