Dato che in questi giorni numerosi giovani (per lo più studenti universitari o di master, ma anche stagisti, praticanti, ecc.) giungono al Nord per accrescere la loro formazione, sorge la curiosità di sapere come vivono fuori dal loro ambiente queste persone. Durante l’estate le statistiche dei giornali ci hanno illustrato che Milano è una delle città (economicamente) più care del mondo, perfino più di Parigi e di Los Angeles.
Vale la pena di ricordare altresì che solo la città di Milano ospita vari Atenei, come nessun’altra città italiana e forse europea: Statale, Cattolica, Politecnico, Bocconi, Bicocca, Iulm, San Raffaele, e altri, dando ospitalità a quello che si potrebbe definire un vero e proprio esercito del sapere.
Pertanto una moltitudine di studenti affolla e anima culturalmente la città, dandole vitalità e giovinezza, e riempiendone il tempo libero tramite l’invasione gagliarda di ristoranti, mense, bar, collegi, alberghi, cinema, pub, librerie, edicole. Come gestiscono allora il loro tempo e i loro impegni questi giovani?
Considerato preliminarmente che le famiglie che inviano i propri figli a studiare fuori casa mediamente mettono già in conto di “investire” una certa somma per la loro formazione universitaria, occorre capire come si svolge la vita di uno studente fuori sede.
Dico subito che la parola d’ordine è “arrangiarsi”. Del resto è un classico della permanenza fuori casa cercare di fare vita beata – è innegabile che è quanto meno avvincente gestire la propria giornata senza l’occhio vigile e indagatore dei genitori – con la minor spesa possibile.
Ecco allora che gli appartamenti si preferisce condividerli con il maggior numero possibile di persone. Sia perché – si dice – l’esame più duro per gli universitari è quello degli affitti, sia perché l’unione fa la forza, e la compagnia è sempre più sinonimo di amicizia e divertimento.
Nel profitto lo studente fuori sede è più responsabile e diligente di altri: quando deve studiare – e non può non farlo visti i soldi che la gli passa la famiglia – è più saggio andare in biblioteca (e non distrarsi se casualmente si capita accanto alla biondona scollacciata del programma Erasmus svedese). In casa si invitano amici e conoscenti oppure si organizzano happy hour e serate in discoteca o nei locali più trendy del periodo. Su questi ultimi gli universitari sono sempre informatissimi.
I soldi per bazzicare tali locali, nell’ambito del budget che ogni universitario scrupolosamente gestisce pur senza frequentare la Bocconi, sono ricavati da altri capitoli di spesa quali il trasporto pubblico e i libri, oltre a qualche dietetico salto di pasto.
Circa i trasporti capita che spesso si viaggi da “portoghesi” sui mezzi pubblici o, nella bella stagione, ci si sposti in bicicletta; circa i libri si chiedono in prestito oppure li si fotocopia, almeno quelli meno importanti. Per il cinema, poi, si va il giovedì quando le tariffe sono ridotte.
In periodo di esami si resta in casa e il problema principale diventa quello del cibo. Non si ha tempo per andare al supermercato, non si hanno i soldi per il ristorante, non si può mangiare tutti i giorni pizza da asporto e allora ecco che l’estro del fuori sede inventa i piatti unici di preparazione rapida: pasta e tonno, piselli e tonno, insalata e tonno. Ovviamente il tutto in quantità industriale e consumata direttamente nel tegame per risparmiare tempo di preparazione e di pulizia.
A proposito di pulizia, questo è uno dei campi dove maggiormente si avverte la mancanza della mamma. Non è un caso che, quando il vivere allo stato brado pone il fondato pericolo che i vicini chiamino l’ufficio di igiene della ASL, vien buona la presenza della mamma.
L’importante comunque è cogliere le occasioni che un periodo irripetibile della vita offre e che verranno ricordate con nostalgia quando ci si troverà da professionisti a partecipare a cene ufficiali e più “ingessate” nel ristorante davanti al quale si passava solo per sbirciare le eleganti signore ingioiellate e i succulenti cibi esposti in vetrina.